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«Non chiamatelo circolo naturista, non ne avete il diritto. Semmai potrete essere nudisti, ma non osate paragonarvi a noi». È lo sfogo di Rosita Dal Soglio, torinese e presidentessa dell’Unione Nudisti Italiani all’indomani della notizia del «Tantra Club», la piscina per «nudisti e libertini» in arrivo a Torino di cui oggi si è occupato anche Dagospia, il sito di gossip di Roberto D’Agostino (titoli: «Torinese nudo e cortese» e «Alla faccia del contegno sabaudo».
I lavori al club di corso Casale non sono ancora finiti che già la nuova apertura di un Tantra Club Privè per «coppie libertine, singoli e singole» dove poter prendere «la tintarella integrale», come spiegano sul sito dell'iniziativa, sta facendo discutere, tanto da essere diventato il titolo di punta delle principali testate locali e nazionali.
Ma a storcere più il naso non sono i residenti o chi si scandalizza sul concetto di «libertino» abbinato alla Borgata Rosa di Torino. Sono i nudisti italiani – 5mila iscritti al registro dei soci nazionale – che non ci stanno. «La parola naturismo non può essere registrata. Ma chiedo al proprietario del club di non osare ad abbinare naturista e libertino – sottolinea Dal Soglio -. Il nostro è un movimento familiare dove partecipano anche i bambini. Le devianze non hanno nulla a che fare con noi».
Il naturismo infatti si identifica con quello che balza subito agli occhi: l’assenza di vestiti. «Per noi è uno spogliarci prima di tutto la testa. È mettersi al centro come persona. Nei nostri centri ci sono bambini, ma anche donne che hanno subìto la mastectomia. Non ci sono titoli di studio, o religione. Ci siamo solo noi e il nostro corpo. Non mi sembra proprio il caso di accostarci a quello che succederà in quella piscina di Torino», continua la donna.
Dal Soglio è torinese e lancia l’appello da La Cassa, un piccolo comune appena fuori dal capoluogo piemontese. Qui c’è il camping villaggio «Le Betulle», il primo in Italia dedicato ai naturisti (piscina compresa) e gestito da Gianfranco Ribolzi, ex ingegnere vicedirettore della Fiat che nel 1964 lasciò la carriera per portare in Italia il naturismo.
«Qui facciamo incontri anche durante l’anno. Abbiamo dei gruppi di ritrovo per giovani dai 14 ai 24 anni che praticano il naturismo. Se associamo questo concetto a quello immaginato dal club in arrivo, roviniamo anni di lavoro su una società che già aveva tanti preconcetti sulla nostra filosofia di vita» continua la presidentessa. E aggiunge: «Chiedo alla Regione Piemonte di intervenire sulla questione. Abbiamo infatti una legge regionale che stabilisce le zone naturiste del nostro territorio per evitare di incorrere problemi. Faccio appello ai politici». È la LR del 21 settembre 2015 che definisce le «modalità di gestione delle strutture ricettive e delle aree all'aperto destinate alla pratica del turismo naturista, nonché i criteri per il rilascio delle concessioni di aree pubbliche e il logo distintivo per l'individuazione delle strutture e aree naturiste».
Se i naturisti fanno appello alla Regione, gli amanti della natura chiedono delucidazioni alla città di Torino. C'è scontento infatti dal Comitato «Salviamo il Meisino», la riserva naturalistica sul Po che confina con la piscina incriminata. Stanno circolando volantini dove si ironizza sulla possibilità di una «nuova pratica sportiva. Lo scambio di coppia», come si legge nel testo.
«Una inaspettata ciliegina sulla torta. Questa è una iniziativa privata che si dovrebbe collocare al confine di Torino con San Mauro, proprio dove due aree tutelate dall’Unione Europea si fronteggiano in una zona a protezione speciale» spiega Bruno Morra. «Non ci interessa l’aspetto moralistico. Ma lo stravolgimento di questa parte della città a seguito del progetto Parco dello sport» continua Morra, che conclude: «Questo territorio meriterebbe di essere valorizzato non solo per il benessere delle persone ma anche turisticamente per le qualità ambientali».
Walter Amerio, proprietario del club, ribatte: «Questo è un progetto su una location commerciale privata, che ha un cortile recintato alto tre metri. Nulla è visibile dall'esterno su nessun lato. E' un'attività come tante altre presenti già in Italia ed in tutta Europa. Il locale non sorge nel parco del Meisino. Non è una struttura pubblica ma si accederà come la legge impone tramite tesseramento ad un'ente del terzo settore».