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megabizzo
Account eliminato
Amena venustà di que' luoghi che molle calcai
in vita senza prestar pensiero od ansia che dovesse
finire anch'essa dacché nostra terra non ebbe mai

a conoscer di un'umana sostanza che trascendesse
imperitura suo destino, rimugino 'l soave ricordo
di tue brezze, di tua calda luce, delle perplesse

occhiate volte alle mie belle di turno. Sovente scordo
che tutti fummo generati per appassire un giorno
e che, disseccate nostre radici, facciamo lordo

'l terreno col succo de' nostri corpi tutt'attorno
all'ultimo rifugio in cui c'è dato sostare. M'accorsi
di vagare ancora nello 'nferno da cui non v'è ritorno

quando incrociai un taciturno che aspri morsi
dava al suo braccio destro lacerandone le carni.
"Tu che fai scempio di te stesso, quali rimorsi

attanagliano tua coscienza?" "In vita ebbi scarni
principi su cui modellar mia condotta e brevi
attimi di quiete. Non posso affermar ch'io incarni

l'immagine perfettamente concepita che solevi
senza meno riferir a un buon collega: mai feci
conoscere ad alcuno mie avventure su bei rilievi

femminili, mai condivisi utile novella e mie preci
ora vanamente volgo all'eterna divina possanza.
Mai conobbi donna ma non perché 'l vizio dei greci

m'avea toccato: solingo nella mia buia stanza
smanettavo l'augello senza posa mentre sprezzanti
commenti ero uso postar con somma tracotanza.

Così come mi vedi, pago lo scotto dei tanti e tanti
sollazzi che mi procurai con questa sola mano
fingendomi alle prese con ben altre appaganti

membra anziché nel giaciglio mio di poliuretano".
Annusata l'aere come fa 'l sorcio, con destrezza
tornò ratto a rosicchiar sue ossa. "Non trovi insano,

benché sia roba tua, pasteggiar con cotanta schifezza?
Al posto tuo, io non saprei trattener lo primo conato".
"Se così fosse non sarei quel che sono, Ermonnezza,

dedito al dileggio e alla calunnia altrui, affiliato
ad ampio clan di mie consimili, gente di penna
ma non d'uccello, puttanieri da tastiera che fiato

hanno soltanto per parlare, figuri che a Ravenna
e a Bisanzio in altri tempi eunuchi avrebbero nomato,
lascivi e impotenti, marci dal midollo alla cotenna".

Volte le spalle a costui, senza tema d'esser infilzato
nelle terga da chi ha avuto in animo solo di godere
di se stesso, m'incamminai col cuore sollevato

dal pensier di sì alta giustizia, cantando un miserere
e qualche sparuto salmo che mia memoria serbava.
Dopo lungo cammino, pungolato dal desìo di sapere

quanto più potea dei quel mondo che rincarava
ad ogni passo le più astruse afflizioni, alle porte
d'una città diruta e senza vita giunsi. Scavava

fra le macerie un omuncolo ramingo la cui sorte
mi parve tanto grama che dovetti interrogarlo:
"Tu che ogni mattone giri con cura e a queste morte

mura dedichi appassionata attenzione, quale tarlo
t'arrovella? Cosa hai smarrito di così prezioso
da non darti pace? Ch'io possa aiutarti a cercarlo".

"La sola cosa ch'ho perduto è l'anima mia e non oso
disquisir della causa della mia infinita dannazione,
ma tua cortesia intendo ricambiare tanto ansioso

agli occhi miei appari di saperne la riposta ragione.
La plaga dolente ove frugo un tempo mi fu cara
quanto il luogo stesso in cui ebbi natali ed invenzione

mirabile del creatore fu di gettare meco l'ignara
municipalità nell'anfratto più profondo a consumar
la pena d'una ricerca senza fine. Torpignattara

è il triste posto in cui rovisto com'ero aduso cercar
nell'altra vita per ogni calle, dietro socchiusa porta,
il travello che dovea quel dì a modo suo alleviar

la mia pressione interna. In me non è ancor morta
quella pulsione e, benché contrito e solitario vaghi
fra buie spelonche e calcinacci, soltanto m'importa

di ritrovar bella maschietta che mie voglie ripaghi
e intanto m’inebrio dell’olezzo di zenzero e cumino".
"Sesarameladesseiogradisse, vedo come t'ubriachi

di ricordi ma mi preme riprender tosto il cammino
lungo il sempiterno viale di nostra salvazione.
T'auguro di scovare il tuo bordello mascolino"

indi per lungo tratto tenni 'l lato mancino. Buone
speranze io nutrìa in quel momento di riveder
la calda luce di nostra stella ma una confusione

assai grande destò la mia attenzione sino a prevaler
su tutto: scorsi un fitto sciamare di meravigliose
modelle quali mai ebbi veduto in vita compiacer

la bramosia d’un solo uomo. Algide e altezzose,
perfette all'occhio ed anco al tatto, pareano subire
l'irresistibile richiamo di colui che quelle preziose

beltà non tenea in alcun conto. Vorrei poter dire
quanto sembrassero simili a falene che attorno
a notturna vampa volano in tondo sino a svenire

al suolo ma lo spettacolo che in pieno giorno
io avea innanzi non era degno di tale paragone
tanto innumerevoli bellezze subivano lo scorno

d'appressarsi a quell'uomo che di un'attenzione
non le degnava. Fattomi vicino, subito mi parve
evidente com'egli fosse rivestito d'un copertone

di gomma spessa e dura che in tutto simile alle larve
della mosca lo rendea quando, prossime alla schiusa,
fanno della lor pelle rigido guscio. Scomparve

e ricomparve la sua figura varie volte, confusa
nel turbinio di splendidi corpi finché mi riuscì
di rivolgergli parola: "anima sciatta e fetusa,

perché non approfitti delle fanciulle che così
immotivatamente anelano por mano, bocca
e natica al membro tuo? Verrà di certo un dì

in cui rimpiangerai amaramente questa sciocca
tua mania". "Chi, come son io, è condannato
in eterno non pensa all'avvenire. Non mi tocca

un futuro che non ho ma soltanto il mio passato
che fu quello d’un punter dedito alle peggiori
oscenità. In fatto di donne mai ebbi un fine palato

e i miei giorni trascorsi fra i più pungenti afrori
di femmina. Ne amai d'ogni razza e condizione
purché luride dalla testa ai calcagni e i loro umori

più intimi degustai spesso al naturale. Babbione
orientali al limitar d’una spiaggia o zingarelle
lerce quanto un orinale spertusai senza goldone

fregandomene altamente di finir co' le ascelle
basse entro una bara. Qual mi vedi, inusitate beltà
m'assediano senza posa per selvagge pecorelle

e smorzacandela da infarto ma a una dura castità
mi costringe quest'aspra scorza che mi veste
come un guanto". "Ben vedo a quale grama realtà

t'abbia condotto tua lussuria e quanto moleste
siano per te costoro che una bellezza senza eguale
sfoggiano a detrimento de' tuoi sensi. Manifeste

ragioni ha avuto 'l facitor del cielo, mercé geniale
contrappasso, a renderti qual sei imbelle spettatore"
al che m'accomiatai da colui che fu Degradototale

lasciandolo a macerarsi nel suo camice di dolore.
Ritti nel mezzo d’una piana potei veder di lontano
due scure sagome di peccatori cui getti di vapore

da sotto i piè lessavano le palle ed un aere malsano
bruciava gl'occhi ed i polmoni. Al fetido tormento
d'arsenico e zolfo sottostavano coloro che foràno

andarono cercando facili rapporti a pagamento.
"Voi che morte ha destinato a sì forte tribolazione
ed ambedue i piedi avete infissi nel cemento,

quali sono i nomi vostri?" "Io in vita fui Gazzone
e Il Lungo è 'l miserrimo compagno di sventura
che al par mio ribollire vedi. Cura e dedizione

infinita dedicammo un tempo all'avventura
d'un momento, dispendiosa talvolta ma foriera
d'incommensurabile piacer. Nostra premura

fu di trovarle giovani e italiane ma la primiera
patria nostra, Latina, non offriva quel materiale
che solo era di nostro gradimento. In terra straniera

ripiegammo entrambi e assidui fummo nella capitale.
Benché nascemmo cittadini pontini, fra i romani
subiamo l’assillo d'una costernazione corporale

senza eguali per quanto grandi, complicati e inani
sforzi compimmo nell'urbe per saziar nostra libido".
Terminato di parlare, subito si contorse in vani

spasmi ed elevò nell'ampia volta altissimo grido
di dolore ch'un soffione ardente in quell'istante
avea cotto a puntino 'l basso ventre dell'infido

profittator di donne. Ristetti allibito ed esitante
di fronte alla maestà di quel terrifico spettacolo
indi il passo mio svelto diressi quanto più distante

potea da que' due sciagurati. Nel turpe ricettacolo
d'ogni malanno ov'io era calato vidi un giovinetto
di bello aspetto e di nobile sembiante che miracolo

o frutto d'un abbaglio mi parve tanto 'l mio intelletto
era aduso ormai a considerar presenti solo le opposte
schiere dei prevaricator di donne e degli scendiletto.

"Tu che ancora imberbe vaghi fra le petrose coste
popolate di dannati, v'è una ragione, una soltanto,
per cui confinato sei in quest'abisso? Tieni nascoste

malefatte e colpe ignominiose, più gravi di quanto
l'età tua lasci supporre? Non oso pensar che la mente
che governa 'l tutto possa aver confuso il triste pianto

d'un fanciullo per l'ammissione d'un adulto senziente".
"Non so quanto sia trascorso da quando nuove fattezze
ebbi in dono, ma un dì come gl'altri mi risvegliai in niente

pari a quel che prima ero. Titubante mostravo alle bellezze
cui allungavo buona parte di pensione un corpo vecchio
ed avvizzito, irsuto e canuto al tempo istesso, e le asprezze

ch'esso emanava molte faceano fuggire. Un largo secchio
mi servìa la notte da pitale e in strada, simile a radice,
mi piantavo a commentar l'opera altrui. Allo specchio

indugiavo solo per spuntar larghe setole di narice
e la scialba mia esistenza riassumevo in brevi scritti
che parvenza di poesia aveano talvolta. La creatrice

intelligenza dell'universo ritenne i peccati miei prescritti
e riconsegnommi a più dignitosa esistenza nei panni
d'un ragazzino, scevro di torti e mondato dei delitti

miei trascorsi. Tuttavia dimentico son io degli affanni
che la ricerca d'una donna a pagamento cagionava
e non serbo memoria di quanto appreso sugli scranni

di scuola. Con mestizia la pulsione mia è fatta schiava
di questo corpo troppo giovane per poter assaporare
'l piacer più grande che sia dato all'uomo e che una brava

professionista rifiuterebbe di primo acchito d'accontentare;
parimenti la mia mano, per quanto svelta, s'è fatta incapace
d'assecondar la testa e quel che miro in questo alto mare

di perdizione non m'è dato di mettere per iscritto. Verace
tormento è quello di trattener per me i miei pensieri
senza donare al mondo attestato della mia lirica mordace".

"Se dalla vocina tua d'impubere estraggo dei sinceri
afflati di verità, desumo che Legendarius tu sei stato
un tempo, rampante destriero unicornuto che fieri

balzi facea d'un letto all'altro ma che qualcuno ha accostato
ad un belante capro cui un cane pastore morda le terga".
Egli così rispose: "quanto affermi non è del tutto errato,

se non fosse ch'io non son più quella persona e la verga
che custodivo con solerzia s'è di molto rimpicciolita
sin quasi a svanire. Lo spirto mio guerriero alberga

ormai in un corpo che non ha possanza" e l'incallita
smorfia del puttanier vid'io mutarsi allora in vezzo
infantile. Al piè dell'arenile ove solitario una partita

a biglie il giovine improvvisava, lieto intermezzo
a' suoi piagnistei di costernazione, un'asperrima erta
dovea condurre altrove mio afflato di disprezzo

per la perduta schiatta. Quella che m'immaginava diserta
cima rivelossi immantinente un alveo tutto brulicante
di persone, accalcate e pigiate in ampia conca aperta

simile a bocca di vulcano. Trovando impressionante
quella vista, volli avere spiegazione riguardo l'inusitata
adunanza e, sporgendomi dal costone sovrastante,

così mi rivolsi alla schiera immane: "gente dannata,
erroneamente nata, mal cresciuta e peggio pasciuta
a soldi e donne, quale colpa v'accomuna? Straziata

di dolore lasciaste vostra moglie per la brama acuta
d'inseguir altre sottane? Volgeste vostre spalle
alla diletta prole? Scialacquaste nell'irresoluta

ma caparbia voglia di svuotar ambedue le palle
tutti i vostri averi?" Colui che m'era più vicino
mi riservò parole schiette e dure: "come a Roncisvalle

Carlo Magno vinse gl'infedeli ma perse 'l bottino
per man dei baschi così, guardinghi e di soppiatto,
noi ti seguimmo notte e dì, da sveglio e da supino,

cogliendo ogni occasione per infierir con un ratto
click di mouse contro tua nomea. I primi giorni
eravam pochi ma imperterriti e convinti; d'un tratto

numerosi divenimmo come d'inverno gli storni
che a Termini scagazzano appollaiati. I nostri volti
mai vedesti, i nostri nomi ti sono oscuri, ma se torni

a poche ore di distanza a visualizzare i risvolti
de' tuoi racconti potrai apprezzar nostre fatiche.
Se non t'è chiaro, quanti tu vedi costì raccolti

son la ridda de' tuoi skarmatori seriali. Tue amiche
a pagamento giammai conoscemmo: nostro sollazzo
fu quello di rincorrer te ogni 96 ore mendaci come prefiche,

pervicaci come balani, utili e costruttivi come un mazzo
d’ortiche fresche piantato nel deretano. Rinunciammo
a maggior gloria per attestare il fatto che ci stai sul cazzo.

A complimentarci l'un l’altro di quanti vessammo
in vita, resteremo qui in eterno". Indi così risposi:
"Buon per voi" e richiamando l'ultimo grammo

di mie forze m'indirizzai oltre l'ammasso degli irosi,
lieto che qualcosa infine aveano trovato da mettere
in comune. Stetti a rimembrar sui passi miei ritrosi,

su quanto m'era parso in quell'abisso che lettere
trapunte di vergogna dettate avea a mia coscienza,
e tanto ripiegato fui in quel riflesso che solo smettere

di affocar mio intelletto col pensier dell'insipienza
era divenuta ardua impresa. Fu così che non m'accorsi
d'una scoscesa ripa di ghiaia fine che l'insistenza

de' miei passi fece franar di sotto ai piedi. Sporsi
qua e là le braccia per afferrar qualche boscaglia
e trarmi salvo, ma non v'è modo di deviar dai percorsi

che 'l Sommo ha già tracciati e che, vil plebaglia
quale siamo, appecoronati subiam come infortunio
Al fondo del crinale di pietre aguzze e dura scaglia

rinvenni non so dire quando che un cupo novilunio
tenea celata ogne fonte di luce. Muovendomi a tastoni
m'indirizzai là ove sentìa cantilenare un postcommunio

per lontane calli. Più m'avvicinavo alle orazioni
più l'aere rischiaravasi così da rivedere nuovamente
ciò che m'era intorno e in quel covo di depravazioni

stagliarsi vidi perfetta geometrica figura che la clemente
Divina Sapienza ha inteso conservare per dar legge
e disciplina alle sotterre genti. Non v'è penna valente

che possa riportar quanto scorsi fra l'infinito gregge
dei senzadio, tanto meno quel che udii: "sintetizzo
'l tuo sgomento, anticipo le domande tue. Chi regge

quest'angolo di mondo è ben altri. Io armonizzo
chi vi è stipato affinché ognuno sconti sua condanna.
Non tardar tua risalita. Passa oltre, tristo Megabizzo".


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