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sniper63
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Blame it on the Lipstick (Tutta colpa del rossetto)


Marco girò con l'auto intorno alla rotatoria fino ad imboccare una strada laterale secondaria, da pochi anni semi deserta perché era diventata a fondo chiuso; rallentò e compose il numero di Mia. Lei rispose quasi subito, dicendo che era già uscita e che stava arrivando. Marco cercò con lo sguardo uno spazio per invertire la marcia; dopo poche decine di metri trovò uno slargo che finiva davanti a un elegante cancello, dipinto in verde. Con una rapida manovra ritornò sui suoi passi, giusto in tempo per notare che Mia era appena scesa dalla sua auto.
Quando lei salì, chiedendo la destinazione, la baciò dicendo “I motel qui vicino fanno pena. Questo, da quanto ho visto su internet, sembra carino; ti avevo promesso qualche ora di relax e mi sembra il posto adatto.”
Percorsero una ventina di chilometri parlando del più e del meno, senza sbilanciarsi troppo sugli argomenti della conversazione, trattandosi del loro secondo incontro. Dopo aver sbagliato strada - la prossima volta giuro di collegare il Tom Tom, pensò lui ad alta voce - giunsero davanti al motel. Una struttura che prometteva lusso e una discreta privacy nonostante la collocazione su una strada trafficata, immersa in una zona industriale e dirigenziale a una manciata di minuti di auto dalla grande città.
La ragazza della recepition allungò la mano per ritirare i documenti e lanciò uno sguardo di fuoco, almeno così era sembrato “Vi fermerete solo qualche ora vero ? Ha preferenze per la camera ?” lui avrebbe voluto rispondere “Sono anni che lavori qui e non ti sei ancora abituata all'idea che in tanti si fermano solo per una scopata; cosa c'è che non va ?” ma rimase impassibile, aspettando la consegna della scheda magnetica e l'apertura della sbarra colorata in arancio.
Giunsero davanti alla camera; Mia scese e Marco parcheggiò di misura la decappottabile tedesca. Entrarono e al buio cercarono l'alloggiamento per la scheda, che comandò l'accensione di tutte le luci. L'arredamento era essenziale ma elegante, con legni pregiati e finiture in ottone che ricordavano certi stilemi di Versace.
Lui guadagnò il bagno e non si trattenne dal dire “Wow … vieni un po' a vedere !” La lunga cabina doccia, totalmente rivestita in marmo bianco e nero, occupava l'intera parete che la separava dalla camera, e due soffioni cromati di grandi dimensioni spiccavano come fari nel soffitto. Mia si spogliò quasi subito dicendo che aveva giusto bisogno di una doccia. Ricordava il suo seno, una quarta naturale, e il sedere piccolo e ben tornito. Sebbene non impersonasse il tipo della femme fatale Mia non poteva passare inosservata, con quel corpo ben proporzionato, i capelli corti e scuri e le labbra rosso vivo, un rossetto che Chanel avrebbe classificato come Exaltèe.
Marco ricordò improvvisamente di avere dimenticato qualcosa in macchina; scese con un balzo i tre gradini, facendo scattare l'apertura della portiera con il telecomando. Prese il rossetto e il regalo e tornò in camera, chiudendo piano la porta.
Quando Mia ebbe finito uscì dal bagno e si trovò di fronte un uomo con una faccia da imbecille, che le porgeva un rossetto in un involucro di plastica nero opaco, manco fosse un anello di Bulgari. “Perché non provi questo, dovrebbe starti benissimo”. Mia aprì il rossetto e lo avvicinò al naso (i rossetti hanno un profumo ?) ruotò la base e il rossetto iniziò a vibrare con un ronzio indiscreto, quasi invadente. Colta di sorpresa Mia scoppiò a ridere, divertita e imbarazzata. Marco aveva considerato quel gadget poco più di uno scherzo per rompere il ghiaccio e vedere la reazione di lei.
Si sdraiarono sul letto, ampio e comodo, Mia mise da parte il gioco erotico e si dedicò a Marco; la pelle morbida e vellutata del suo seno avvolse il pene, strofinandosi sopra più volte, una sensazione piacevole che sortì in breve l'effetto cercato, una discreta erezione. Mia completò l'opera con un blowjob profondo e bene eseguito e osservò con malcelata soddisfazione il risultato: ora l'erezione era completa. Prese dalla pochette un profilattico, di quelli rossi e aromatizzati, a lui sembrò grinzoso e insensibile ma non disse nulla. Si mise in ginocchio sopra di lui e accompagnò con la mano il pene oltre le grandi labbra, muovendosi lentamente e dicendo a lui di fare altrettanto. Andarono avanti così per un po', con soddisfazione reciproca.
Dopo Mia si coricò supina, accese il “rossetto” e disse semplicemente “Mi dai una mano ?”.
Non aveva molta dimestichezza con quel genere di gioco, che si spense tra le sue dita due o tre volte, provocando qualche mugolio di disappunto. Con un Lelo non sarebbe mai successo, pensò lui maledicendo la sua scelta economica. Le baciava il seno e i capezzoli toccandola ovunque; la penetrò con le dita accarezzandola dentro, cosa che la donna sembrò gradire. Proseguirono così per molto tempo. Mia era stata diverse volte sul punto di godere, ma ora sentì l'onda di piacere arrivare nuovamente, in modo inaspettato e violento. Quella volta non si trattenne, ma strinse forte il sex toy tra le dita e lo puntò decisa sulla clitoride. Venne in un orgasmo intenso e coinvolgente, non le solite pantomime condite di ansimi e gridolini; il suo corpo sussultò più volte in modo incontrollato, la sensazione era quasi dolorosa e annullava ogni senso, le gambe piegate come durante una visita ginecologica e percorse da improvvisi spasmi muscolari. Durante tutto questo tempo, che a Marco apparì interminabile, Mia non fu in grado di dire nulla, solo sommessi gemiti poco rassicuranti intervallati dal respiro affannoso.
Questa reazione lo colse di sorpresa. Non aveva mai assistito a un orgasmo del genere e la cosa, seppur piacevole, lo preoccupò: cosa diavolo succede se questa collassa sul letto ? Che fare se prima viene e poi … sviene ?
Questi furono i primi pensieri che gli attraversarono la mente mentre smetteva di masturbarla ed estraeva delicatamente il dito dalla vagina bagnata e pulsante. Gli alzò la testa, prese due cuscini e li infilò sotto, poi si voltò e le porse una bottiglia di acqua fresca che era appoggiata sul comodino.
“Calma, bevi un poco e rilassati.”. Mia bevve pochi sorsi, ringraziandolo con un cenno, il corpo ancora scosso da tremiti che andavano pian piano a diminuire di intensità; le gambe si muovevano ancora in improvvisi spasmi involontari. Finalmente Mia riuscì a parlare “Ogni tanto mi succede, ma solo quando sono completamente rilassata, con la persona giusta, e se è passato un po' di tempo dall'ultima volta che ...”.
“Beh, tecnicamente io sono poco più del primo che capita. E' solo la seconda volta che ci vediamo.” - e la prima non era stata un granché – questo lo pensò ma non lo disse.
Esiste veramente qualche fattore di attrazione, di chimica, alchimia, affinità, per cui due persone vanno alla grande fin da subito, senza se e senza ma, per usare il politichese che lui tanto detestava ? Marco non ci aveva mai creduto. Stronzate pseudo romantiche per sognatrici (e sognatori) che vivono avulsi dalla realtà, questa era la sua convinzione in proposito.
Almeno in teoria, perché improvvisamente sentì che qualcosa si stava incrinando. Era la consapevolezza dolorosa che non esistono dogmi incrollabili.
Un orgasmo, pur straordinario (nel senso proprio di extra ordinem) poteva davvero stravolgere le sue convinzioni ? Scacciò questi pensieri dalla mente, non prima di averli sommariamente riferiti a Mia, che annuì, lo sguardo al soffitto e la mano sul sesso bagnato che sentiva contrarsi ancora, ritmicamente. “Le cose possono andare così fin da subito, oppure ci si può frequentare per sei mesi senza che accada nulla del genere.” sentenziò alla fine Mia.
“Se lo dici tu deve essere vero. A proposito: complimenti ! Con tutte le storie che si sentono di donne che hanno problemi di orgasmo... evidentemente anche qui c'è chi troppo e chi niente.” Mia accennò un sorriso e lui si sentì sollevato. Se lei riusciva ad apprezzare una battuta del cavolo come quella – allora stava bene.
“Ora tocca a te, ma ti avverto che “lei” resterà inservibile per un po', ora mi farebbe troppo male. Puoi toccarmi dietro mentre io … ma prima togliamo questo brutto coso” disse Mia sfilando con un gesto quasi elegante il preservativo e buttandolo verso il comodino. Avvicinò la bocca al pene “però vacci piano, non pratico sesso anale.” precisò.
Mentre le accarezzava il solco delle natiche, indeciso quale approccio adottare, lui puntualizzò “Se faccio qualcosa che ti infastidisce o che non gradisci, fai un cenno e io smetto”.
Mentre parlava gli sembrò una di quelle frasi di falsa premura – presumibilmente un po' ruffiana – che forse non si dovrebbero mai pronunciare, ma dopo quello che era appena successo sembrò sopportabile. Il giorno seguente, ripensandoci, l'avrebbe inserita nel cassetto mentale delle stronzate irripetibili. In quel momento, invece, apprezzò il canale stretto oltre l'anello dello sfintere e per tutto il tempo che seguì non ci fu alcun cenno di dissenso.
Mia alternò mano e bocca per un po' – si concentrò sui capezzoli di lui che alla fine ebbe un orgasmo di buona intensità che lei accompagnò sapientemente fino a fermarsi. Nulla di paragonabile al capolavoro precedente.
Riguadagnarono il bagno. Lui entrò sotto la doccia, dosando con attenzione la temperatura finché non la sentì appena tiepida sul suo corpo. Entrò anche lei, dopo avere preso da uno scaffale un sapone intimo in salviettine sigillate. Quando Marco uscì dalla doccia si rivestì con calma, si guardò intorno per essere sicuro di non dimenticare nulla, prese la bottiglia di acqua ormai vuota, i fazzoletti di carta e il preservativo e li buttò nel cestino.
Quando Mia uscì dalla doccia, dopo essersi asciugata nel morbido e spesso telo in candida spugna prese il rossetto vibrante e glielo porse &ldquoirei che oggi tu e questa piccola meraviglia avete fatto del vostro meglio. Me ne compri uno, se riesci a trovarlo ?”.
Disse queste parole con l'espressione soddisfatta e ironica che solo le donne possono avere. O meglio, un certo tipo di donna che sa vivere fino in fondo la propria sessualità: quel tipo di donna che lui apprezzava, stimava, desiderava.
Mia spostò la sua attenzione al regalo posato sul tavolino, una semplice busta in carta lucida e colorata recante il logo di un noto marchio di intimo e costumi da bagno (non facciamo pacchetti regalo, aveva precisato la commessa mentre fissava Marco con l'aria di avere capito tutto). Estrasse un miniabito di colore rosa fucsia, che si intonava perfettamente alla sua carnagione abbronzata e ai capelli corvini. Era una novità in uno di quei materiali dal nome iper-tecnologico, da sembrare uscito da un laboratorio dove si lavora in standard “classified” , stampato in un sol pezzo senza alcuna cucitura. Era fatto per aderire al corpo e modellarlo come una seconda pelle, per questo occorreva indossare le mutandine del medesimo materiale. Lui lo sapeva e aveva provveduto anche a quelle; infine aveva aggiunto un coprispalle nero con manica in pizzo, ricercato e dall'aspetto costoso.
Mentre sceglieva quei capi aveva visualizzato con estrema precisione l'effetto che avrebbero fatto sul corpo di Mia, e ora stava ammirando il concretizzarsi di quella pre-visione “Sei anche troppo bella per dove stiamo andando.”.
Quando sfilarono la scheda la stanza ripiombò nell'oscurità. Uscirono mentre il pomeriggio volgeva al termine, ma l'aria dell'estate settembrina era ancora bollente. Salirono sulla macchina e seguendo le indicazioni fecero un lungo giro intorno all'hotel per arrivare sull'altro lato della reception.
Un uomo, dallo sguardo cortese ma inespressivo, ritirò la scheda magnetica e riferì il costo della piacevole sosta. Alcune banconote cambiarono mano, con un gesto della quale fu chiarito che non occorreva alcun resto. Il tragitto fu breve, perché in fondo alla strada parcheggiarono davanti a un America Bar alla moda, che da quell'ora serviva cocktail e aperitivi di ogni tipo accompagnati da una buona scelta di stuzzichini. Il locale non era ancora affollato, il servizio veloce.
Questa volta gli uomini presenti, e anche le donne, non poterono fare a meno di notare Mia. Era decisamente appariscente, il corpo scolpito dal vestito rosa acceso e le gambe che terminavano in un paio di spettacolari scarpe con tacco dodici tempestato di cristalli. Marco lesse l'invidia malcelata negli sguardi dei suoi “colleghi” e la rabbia delle loro accompagnatrici verso la nuova arrivata, che aveva rubato la scena. Non fu per nulla turbato, né si sentì in colpa per le sue scelte. Disse solo “Te lo avevo detto, sei troppo bella per questo posto; se potessi ti sfilerei le mutandine e ricomincerei.” suscitando in lei un “Uuhhhh” indecifrabile.
Fu una sosta breve e piacevole. Quando uscirono dal locale una decina di persone erano in attesa di entrare per il fugace rito dell'aperitivo. Lui salutò l'addetto alla sicurezza mentre un uomo rimaneva ipnotizzato dal seno di Mia, come davanti a una apparizione mistica, suscitando il vivo disappunto della sua compagna.
Divertito da quella scena Marco prese la mano di Mia e la accompagnò verso l'auto; percorsero i pochi chilometri che li separavano dalla superstrada, e qui ripresero il duro contatto con la realtà. Quel tratto era critico e affollato, l'ora e gli spostamenti del venerdì, preludio all'ennesimo weekend estivo, fecero il resto. Dopo qualche minuto Mia diede qualche segno di inquietudine, aprendo più volte il telefono, incerta se chiamare, fare un SMS o chissà cosa.
“Ci sono problemi ?” disse lui. “Beh, avevo ancora un appuntamento di lavoro, ma visto che siamo praticamente fermi non credo che arriverò in tempo. Sai quanta strada abbiamo ancora da percorrere ?”. Anziché rispondere Marco approfittò di un improvviso alleggerimento del serpentone di veicoli per guadagnare una corsia più veloce e affondò il piede sull'acceleratore. Dopo qualche istante un bip sonoro segnalò il superamento del limite di velocità, ma lui non voleva aggravare il ritardo.
La mano corse veloce al tasto del sistema audio e la musica riempì suadente l'abitacolo. Un ritmo latin-jazz sofisticato dal titolo “Blame it on the Summer”, interpretato magistralmente dalla cantante Basia, che aveva militato in un noto gruppo prima di intraprendere la carriera da solista. Un download che aveva eseguito pochi giorni prima dal suo computer, caricando il brano sulla libreria musicale dell'iPod collegato al sistema audio del veicolo.
Percorsi alcuni chilometri lasciarono la superstrada; il posto di lavoro di Mia era lì avanti, ad appena cinque minuti.
In ritardo sì, ma non troppo: avrebbe solo dovuto trovare la giusta scusa con il cliente.
Il loro incontro volgeva al termine e Marco odiava gli addii e le frasi di circostanza. Disse solo “Ti è piaciuta la canzone ? Sai, quella che dava tutta la colpa all'estate.” I loro sguardi si incrociarono per un attimo, complici come non mai, e allora fu tutto chiaro: Mia si sarebbe giustificata dicendo al cliente che il ritardo era tutta colpa del rossetto: Blame it on the Lipstick !
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