Gnocca forum
Moscarossa
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Ordine commenti: Recenti in basso
Ala tornante
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Colgo la sollecitazione di carnevale e confermo invece che anche in viale Tibaldi nei pressi della centrale del latte hanno giardinetti utilizzabili e utilizzati, comunque se c'è del verde vicino la camporella é generalmente possibile. Poi perché con qualcuno e qualche volta accettino fa parte dei grandi misteri, o forse semplicemente accettano pratiche più rischiose se la serata é scarsa o in tardo orario
havana-boy
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ciao porcellinus,per silva lontana dalla circonvalla intendi la otr che staziona in chiesa rossa?
porcellinus
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Havana-boy: esatto
fotti, sempre fotti, fortissimamente fotti
carnevale
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Vedo che periodicamente, due o tre volte credo anche nell’ultima decina di giorni, in vari modi, tornano le domande sulle modalità alternative di avvicinamento delle stradali se non si ha l’auto. Accettano il percorso a piedi, in moto, in bici sulla canna (nel senso buono)…? Penso che sia una di quelle situazioni di condizionamento oggettivo che, se affrontate con un po’ di creatività, possono anche schiudere esperienze erotiche non routinarie. Mi chiedevo, in particolare, perché non abbordare una delle nostre ragazze a piedi per poi andare a casa sua in autobus? Ho coltivato a lungo l’idea per esplorare le potenzialità di questa situazione da me mai sperimentata e forse non comune in generale, che mi coinvolgeva per il mio interesse verso le cornici di erotismo diffuso, non rinchiuso nell’intimità (borghese) delle camere da letto. Penso che il desiderio di trasformare questi anonimi mezzi pubblici, che ti mostrano sì le bellezze al vento, ma ti separano dalla loro concreta disponibilità, in un ambiente più caldo, mi era rimasto dai tempi del frustrante puttantour in filobus che ho raccontato sopra. E poi c’era anche la curiosità per un rovesciamento immaginario: da luogo dei contatti gelidi e impersonali, della distanza, significato sviluppato al meglio nella drammatica scena madre del dottor Zivago, la morte del protagonista, famosa e significativamente ripresa dalla cinematografia successiva, https://www.youtube.com/wat… , o al massimo (ma soprattutto un tempo, credo), della palpatina o della strusciata d’uccello di rapina, a spazio autenticamente erotico, del gioco e delle prime provocazioni reciproche.
Mi sono messo al lavoro molto seriamente su una carta della rete ATM della città di Milano, dove delle ideali bandierine colorate segnalassero le professioniste con cui ho un rapporto di maggiore familiarità e da cui mi aspettavo conseguente disponibilità, e le alcove a loro disposizione. Ho metodicamente rilevato che in due casi, Cristina di piazza Emilia e Maria di piazza Aspromonte, esiste un collegamento pubblico diretto, veloce e molto comodo, fra il marciapiede e la casa, mentre di altre pur valide colleghe sono serviti o solo il marciapiede o solo la casa, quindi in modo non funzionale ai miei fini. http://gnoccaforum.com/esco… http://gnoccaforum.com/esco…
Ho esposto a entrambe il mio programma di lasciare l’auto sul posto, andare insieme a casa in autobus, pagando loro il sovrapprezzo del tempo impegnato e approfittando del tragitto per scambi sensuali ovviamente compatibili con l’esposizione pubblica. Cristina mi ha risposto: “neanche per cinquemila euro!”. Maria mi ha detto di sì e poi quando mi sono presentato (in macchina) per realizzare i miei programmi mi ha detto che non ne aveva voglia. Allora ho capito che dovevo operare una piccola forzatura per vincere questa ritrosia ad arricchire l’offerta-base con una piccola divagazione erotica: parcheggiare la macchina lontano, presentarmi fingendo di essere a piedi per qualche contrattempo e mettere sul piatto il compenso. E a quel punto non si trattava più di decidere se soddisfare una fantasia stravagante o meno, ma di fare la prestazione e il relativo guadagno o no: prendere o lasciare.
Sono tornato da Maria, bello fresco, sportivo con sacco a tracolla, ma mi ha ridetto di no, facendo un calcolo a mio avviso poco preveggente sul tempo impegnato in attesa dei passaggi ecc., e quindi, inopinatamente bidonato e scornato, me ne sono andato via.
Sono andato alla carica con Cristina. In una serata di giugno calda ma ventilata, lascio la macchina vicino a casa sua, prendo il tram (che evito però di aspettare nella fermata quasi adiacente, prima di trovarmela davanti di ritorno con altro cliente, cosa che avrebbe subito mandato a monte tutto, ma in una fermata più centrale) e raggiungo la sua postazione. Sono intenzionalmente travestito da lavoro, con la valigetta. Lei non c’è, quindi la aspetto nei giardinetti di piazza Emilia, leggendo un romanzo libertino alla luce dei lampioni. Finalmente compare. La avvicino silenzioso da dietro e quando le sono alle spalle la saluto nell’orecchio facendola sobbalzare di spavento: è divertente perché ci casca sempre come una bambina. Le dico mesto che sono reduce da una cena professionale, sono a piedi, però qualche soldo con me ce l’ho, possiamo andare a casa sua in autobus o in tram, 100 euri se fa anche l’anale. Accetta: “Va bene, ma senza toccare” (nel senso che non avrei avuto il diritto di fare il porco strada facendo). Dico anch’io “va bene” ma ovviamente disobbedisco subito: mentre ci avviamo verso la fermata lascio scendere la mia mano sul suo culo, lei me la sposta sulle reni e me la ferma con la sua in un più casto contatto, ma intanto ride: &ldquoai, ci guardano dalle macchine”. Infatti il suo ancheggiamento intercetta qualche sguardo, forse anche di altro avventore cui, senza volerlo, l’ho soffiata. Alternativamente, camminando e aspettando il primo mezzo utile, a tratti ci teniamo per mano mimetizzandoci con un profilo da teneri fidanzati, nonostante la differenza d’età.
Presto arriva la 73, saliamo, io convalido la mia tessera, Cristina fa la portoghese e mi dice di non portare sfiga quando prefiguro l’incontro con i controllori. Prendiamo posto su due sedili che si fronteggiano. Lei ripete più volte: “ci guardano”, ma a sua volta volge intorno gli occhi con spavalderia. Io la esorto a non pensarci, a guardare fuori dal finestrino, ma intanto mi diverto. In vita mia, finora, non avevo mai pensato, osservando una coppia su un mezzo pubblico, che potessero essere una mercenaria e un cliente che si recavano a consumare. Non avranno quindi formulato un’ipotesi del genere nemmeno gli altri utenti ATM. Tuttavia in un autobus ancora abbastanza popolato (era un orario compreso fra le undici e mezzanotte, sulla linea che collega Linate con il centro), ricordo in particolare un giovane barbuto fra le valigie con un’aria che non pareva proprio quella di uno che tempo cinque minuti avrebbe sodomizzato un’allegra signorina, la Cristina si nota. È vero che, come d’abitudine, è vestita in modo sobrio, lei ne fa proprio un elemento del suo modo di porsi. Addirittura quando sotto casa sua incrociamo tre straniere, esemplari tipiche di “international pussy for Expo” (in pantaloncini e top che scopre l’ombelico), la mia compagna vibra dell’indignazione che le suggerisce il suo profondo senso morale: “Che t r o i e !” (letterale). Però, munita com’è di scarpe chiare aperte taccate, unghie smaltate, le due bocce sode strette dalla magliettina smanicata color albicocca e quel suo culo che esplode nel pantalone aderente a fiori, non passa inosservata. Peraltro noi ci avviciniamo, reclinando il busto l’uno verso l’altro, ci tocchiamo con le gambe e le ginocchia, io allungo le mie mani su braccia e cosce, lei sulle mie. E a dire la verità a quel punto io comincerei ad essere fisiologicamente pronto per un’impecorata coram populo, se ciò fosse possibile.
Il breve tragitto purtroppo volge già al termine, dobbiamo scendere in piazza Cinque giornate. Lei resta incollata al sedile fino all’ultimo momento, anche se io la sollecito, perché deve aver capito le mie intenzioni di strofinare sulle sue curve colui che lei ha resuscitato. Ma non scampa del tutto: riesco a farla passare davanti a me quando si aprono le porte e le assesto la plateale sculacciata volante che il suo fondoschiena fiorito attirava sin dal primo momento. Lei solleva subito la sua protesta scherzosamente risentita.
Sotto casa le indico la mia auto parcheggiata e le confesso la macchinazione volta ad ottenere quello che mi aveva negato. “Sei un pazzo”, dice, ma ride e infatti dopo corregge: “siamo due pazzi”. Invero credo di non averla mai vista così ilare, mi ha proprio detto che quella sera l’ho fatta morire. E sull’onda di questa divertita complicità ci siamo poi calati al meglio nella prestazione vera e propria che non racconterò né qui né nel suo profilo perché mi sono espresso anche di recente e sarei inutilmente ripetitivo.
d_dummy
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dopo tante una sola meritata parola: fantastico!!!! Che sia vero non ho dubbi ma anche se fosse un sogno è stato bellissimo leggerlo.
Ogni racconto o riferimento è mero frutto di fantasia
carnevale
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Grazie, d_dummy carissimo. “Era” un sogno, fino a quando non si è concretizzato pienamente nella realtà, la sera del 10 giugno.
Penso che a volte noi per primi abbiamo poca fiducia nella possibilità di realizzare le nostre fantasie. Qui si trattava alla fin fine di una piccola cosa innocente: eccitarsi in uno spazio pubblico, una situazione della quotidianità da trascendere eroticamente, prima della normale consumazione a casa, con qualche contatto, qualche palpeggiamento nelle parti curve della giovine, divertirsi a lasciarsi guardare dai nottambuli che magari mi prendono per un vecchio fidanzato un po’ scostumato. In fondo, come ho scritto, non è che di regola le non professioniste girino vestite in modo tanto più sobrio, né che le coppie di innamorati siano sempre più controllate nelle loro effusioni. Però è vero che la prima risposta di tante stradali, appena si esce dal consueto (a meno che non si tratti di un ben pagato prolungamento del tempo), è no per partito preso. Ma il metodo aiuta: preparare delle situazioni possibili, studiando un po’ i collegamenti più comodi e veloci; proporre un’esperienza nei limiti, perché è ovvio che di farsi riprendere come in un film porno in autobus non ha voglia nessuna; pensare a quale ragazza mi conoscesse abbastanza da volermi assecondare; scegliere un giorno infrasettimanale in cui c’è meno lavoro e un cliente, per di più disposto ad offrire qualcosina di più, non lo si manda via a cuor leggero; ad un orario non troppo tardo, sicché non ci fosse da temere un autobus o un tram carico solo di tipi poco raccomandabili con gli ormoni fuori controllo.
Date queste condizioni, mi ha stupito di più che Maria si sia negata (ci avrà davvero guadagnato a mandarmi via e usare il tempo in cui avremmo atteso l’autobus per aspettare un altro cliente?), piuttosto che Cristina abbia accettato. Cristina infatti è così, magari sul momento tende a prenderti di punta e dirti di no, ma siccome è una ragazza molto allegra, quando si lascia coinvolgere sul piano della complicità appaga con il suo “risus eroticus”. E secondo me, dopo aver visto che di tempo e di soldi non ne ha persi di sicuro, anzi, ci farà un pensierino le volte che un cliente le si presenterà a piedi.
carnevale
Super Hero (905 post)
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Aggiorno questa discussione con qualche nuova considerazione sull’avvicinamento a piedi delle stradali e i mezzi possibili per la consumazione a casa loro.

Sgombro subito il campo dalla grigia contabilità dei ragionieri pronti ad osservare che in questi casi il rapporto prezzo/prestazione suggerirebbe di prendere un appuntamento con una mercenaria che lavora direttamente nel suo appartamento. Ribadisco qui la convinzione, infatti, che il viaggio insieme non sia un vuoto, un ostacolo, una perdita di minuti preziosi che alla fin fine si pagano, ma uno spazio-tempo erotico ricco di potenzialità.

Stavolta, dopo l’avventura dell’autobus, mi sarebbe piaciuto fare il tragitto fra sosta e casa con la macchina della compagna, attratto come sono dalla personalità espressa al volante e dalla sensualità del corpo femminile teso dalla guida.

Il mio proposito di disegnare una mappa delle ragazze che lavorano in circonvallazione e dintorni portandosi in postazione la macchina propria, purtroppo, non è andato molto lontano. Un po’ che negli ultimi mesi ho privilegiato itinerari extra-urbani, un po’ che mi sa che non sono tantissime le automunite, la schedatura è piuttosto risicata e risaputa. Le identifico con il nome e la postazione, essendo tutte recensite, così si trovano subito: innanzitutto Anna di viale Umbria con la sua mitica Smart.
Quest’inverno ho visto più di una volta cercare temperature più miti all’interno dell’abitacolo Marianna di piazza Gobetti.
Maria di piazza Aspromonte e Angela di viale Cassala non si vedono più, loro e le macchine, nelle note postazioni notturne.
Di Alba di viale Umbria lo so de relato, grazie al forum, perché non l’ho mai conosciuta.
Al gruppo si è molto di recente aggiunta Valeria di viale Tibaldi e con lei, alla fine, ho provato.

Dopo un incontro di lavoro seguito dalla pizza con i colleghi, mi precipito sulla circonvallazione e prendo la 90 e 91. Vorrebbe essere un puttantour in piena regola, fatto dei consueti avanti (da piazzale Lodi a viale Murillo) e indietro, ma è ancora presto e non ci sono ragazze al lavoro. In compenso non mancano sull’autobus giovanissime anche notevoli in pantaloncini e canottiera, anche se so che ormai la carne esposta, pure fresca, se manca il cartellino del prezzo, la gusto meno. Valeria però c’è, la vedo per primo scendendo alla fermata di viale Tibaldi, con i capelli schiariti e il codino, anche lei mi riconosce a distanza e mi accoglie con un sorriso che propizia senza problemi l’ipotesi, stavolta, di andare con la sua. Si tratta di una Renault Megane grigia, il modello vecchio con il culo tondo sporgente, che funge anche da segna-presenza. Mentre la raggiungiamo non mi consente di palparle le chiappe davanti agli automobilisti fermi al semaforo, ma solo più casti contatti. È parcheggiata come al solito sul marciapiede: Valeria non è infatti una legalista del posteggio, visto che anche sotto casa di giorno la lascia così, in divieto e in strane torsioni, tipo con una gomma sul cordolo.

Lei è vestita in bianco matrimoniale: gonna a fascia, reggiseno, top corto trasparente di pizzo che le scopre la pancia. Per rendere l’idea, lei stessa rivestendosi a fine incontro mi chiederà: “dimmi la verità, va bene come sono vestita o è proprio da puttana puttana?” Ho eluso la domanda. Infatti quando sotto casa lascia la macchina davanti al locale non c’è uno sguardo che non si posi su di lei o forse sulla nostra strana coppia (io sono in tenuta estiva da lavoro, ancora con la valigetta). Tutto ciò accentua il piacere di vederla guidare, spostare sui pedali i piedi che calzano scarpe blu a tacco largo, divaricare leggermente le gambe. Quando ha la mano destra libera accarezza insistentemente il mio inguine e l’uccello che gradisce. Lei, che ha appena iniziato il turno, è molto fresca al tatto, ma le temperature torride le irrorano la pelle di una sottile e delicata rugiada molto eccitante. Così, se il collo è sempre a portata di labbra, devo approfittare di un semaforo per slacciare la cintura e chinarmi a baciarle le tette e le cosce (senza collant).

Non è un gesto molto raccomandabile con lei al volante. Esibisce infatti un’immagine di bad girl: fuma alla guida, resta senza cintura, mi preavverte che le piace correre, apprezza una Cinquecento in sosta perché “sexy” (ha una originale carrozzeria a scacchi), ma specifica che lei comprerebbe solo una Abarth. In effetti, grazie alla relativa lontananza del suo appartamento e alla tranquillità del giorno infrasettimanale che le sgombera la pista già nelle prime ore della sera, constato che i suoi compiacimenti da pilota trovano dei riscontri. Si muove disinvoltamente fra le corsie dei viali della circonvallazione, si arresta con una frenata sportiva e scatta ai semafori. Solo quando mi sono intrattenuto fra le pieghe della sue pelle madida si è distratta, lasciandosi bruciare alla partenza.

Fa affiorare insomma, direi intenzionalmente, una vena teppistica, che assomiglia alla sua sensualità, non nel senso di una porcaggine delle sigle da cui è invece molto lontana o di una aggressività sopra le righe (come altra “automobilista” non lontana), ma, in rapporto alla giovane età, di un erotismo propositivo e con un’ottima tensione sperimentale, di carattere (a partire dal pompino fin troppo energico), apprezzabile propensione agonistica verso il maschio e gusto della provocazione rispetto all’ambiente.

Mi infligge la musica dell’autoradio, in tanti anni è la prima volta che sperimento questa inversione dei ruoli. Ma se lei a letto è relativamente vendicativa, questa non vuole essere una ritorsione per Mozart e Monteverdi che le ho somministrato io: è musica internazionale da emittente radiofonica, per me insignificante ma non inascoltabile.

Dopo il consueto pit stop, che non è il caso di raccontare qui (dico solo che gli sviluppi sono stati adeguatamente propiziati dal tragitto preliminare, per 70 comprensivi del carburante), mi sono fatto riaccompagnare alla stazione MM3 di piazzale Lodi. Vederla ripartire con il suo automobile che sembra correre sulla mitraglia, a dire la verità non per la potenza del rombo motore, ma per come Valeria strapazza una struttura di elementi già un po’ provati dagli anni passati dall’immatricolazione, viene da pensare che Marinetti sarebbe stato meno maschilista se avesse visto esprimersi alla guida queste personalità femminili.
Zoccolaio
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Lode alla tua vena narrativa Carnevale. Mi é piaciuta molto la tua recensione.
porcellinus
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Carnevale... "Per me... numero Uno" (cit. Dan Peterson)

fotti, sempre fotti, fortissimamente fotti
carnevale
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L’esplorazione degli imboschi aperti che conduco almeno d’estate mi permette di aggiornare con un’altra pagina il Tuttocittà delle copule e dei pompini volanti, per quando non si dispone nemmeno della protezione minimale dell’auto.

Dopo un concerto di musica rinascimentale devio dal ritorno più lineare verso casa e mi inoltro con la 92 nel puttantour lungo la circonvallazione.

Manca, al parco Largo Marinai d’Italia, Consuelo, che ci sta al sesso tra le frasche, ma l’ultima volta che le ho parlato mi aveva chiesto 30 per il pompino coperto e 50 per quello scoperto, fermamente non negoziabili, aggiungendo “sono cambiate un po’ di cose, amore” (rispetto ai tempi in cui il tariffario era meno esoso o perlomeno contrattabile).

Non rilevo le abituali custodi notturne del parco Ravizza.

Scendo infine dal filobus puntando direttamente alla nuova Anna di viale Tibaldi, che non conoscono ancora benissimo ma mi ispira una simpatia che può divenire complicità, fortunatamente trovandola subito.

Anticipo che accetta la pratica (mentre l’omonima che l’aveva preceduta nella medesima stazione me l’aveva rifiutata), ma conduce in un imbosco, se così lo vogliamo classificare, inadatto a chi soffra di fibrillazioni o abbia una reputazione diurna da salvaguardare, o, diciamo altrimenti, idoneo ai divertimenti famolostranistici piuttosto che ai virtuosismi libertini, comunque il più precario che io abbia sperimentato in Milano città, dove avrei tirato fuori l'uccello con cautela anche solo per una pisciata.

Chiede 50 per il pompino senza preservativo, che contratto a 40 anche considerando che non vuole farsi venire in bocca. Il giusto prezzo della prestazione in sé non dovrebbe essere più di 30, per l’esperienza però ci può stare.

Non ha voglia di arrivare fino al parco della Resistenza o ne teme le zanzare, pur indossando i pantaloni lunghi, e così, chiacchierando delle vacanze, ci inoltriamo nei meandri delle vie strette e tortuose alle spalle di viale Tibaldi. Ovviamente non posso ubicare il luogo con elementi identificativi, è un punto come un altro fra le villette, in cui Anna, per rassicurarmi, dice di avere già operato. Siamo lì, sul marciapiede, non calati in un buio così avvolgente da tranquillizzarmi del tutto, io ho le spalle contro un muro da cui si distaccano alcuni rametti rampicanti che mi avvolgono, come unica protezione, di qualche ombra. Anna mi chiede una rapida rispolverata dell’attrezzo con salviettina umida, che completa lei, e poi, guardandosi a destra e a sinistra, ma con quieta spudoratezza, si accoscia di fronte a me, dunque con la schiena alla strada. Osserva con divertimento che è piccolina di statura e in quella posizione fa fatica ad arrivare ad altezza uccello. La capillarità del controllo sociale ancora vigilante si intuisce in una finestra aperta e illuminata alla mia sinistra, dove l’ombra di una sagoma umana compare però solo ad operazioni largamente terminate, in un’altra finestra semiaperta e illuminata davanti a me dove non mi pare di vedere nessuno, in un tizio che, quando mi affaccio per una perlustrazione preliminare a destra, sta parcheggiando il motorino e la cui visuale dovrebbe essere coperta dalla sinuosità della curva della strada. Fortunatamente, visto che sono passate solo da poco le undici, non c’è nemmeno transito di pedoni o automobili. Ho già descritto nella recensione il pompino di Anna come una boccata tranquilla ma di eccessiva morbidezza. Eppure queste situazioni d'esposizione soddisfano evidentemente sentite nostalgie di un puer senex per marachelle non commesse in tempo, perché rapidamente l’eccitazione prorompe e si avvicina al culmine, Anna stacca, si alza in piedi accanto a me e con un paio di colpi di mano finali proietta sul marciapiede il nostro segnavia.
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Moscarossa