Posto che allo Aquilante mala bestia fue concesso lo rumine alla bieda dello campo della magione,
volgeami all’imbarco e sullo soffio dello vespero, issata che fue la vela, benché de mala fattura, allo scapocollo salpai et, forte lo braccio allo timone, la vista persi della costa.
Tesoro facenno dello narrare degli antichi commiliti, nell’onde tremule dello periglioso mare, noto allo volgo siccome Magno Congiungimento Annulare, m’accostai a ignota piaggia, fisso lo pensiero alla leggiadra fanciulla delle cui posterga se favoleggiava nelli racconti delli naufraghi.
Ancorato che fue lo malo barcone, colla maschia arma che, seppure ignara, principiava all’ingrosso siccome lo core dallo petto, lesto cum pede all’innanzi et allo contrario, percorrea la cupa foresta alla ricerca della candida cerva.
Et nello baleno dello guizzo dello pesce preso alla lama, m’apparve, celeste dea, tra lo verde cespuglio e lo nero dell’umbra. Bocca che richiusa fue et fugata la favella, sentiva le perigliose catene dello amore sine confine, avviluppare lo corpore toto et lo capo de cornuto elmo cinto e caddi, sconfitto già pria della pugna, allo cospetto di alti calzari, che, neri stiletti, pareano spadoni.
Se li numi fussero boni compari, allora spinto m’avrebbero alla fuga, ma traditori de mala schiatta essenno, aspersero de ‘si bono effluvio l’aere, che lo paradiso istesso misero compariva allo pectore dello loco nello quale, comunque, funesto presagio avea della malia della giovine cerva.
Seppure molte stagioni separassero le nostre fanciullezze, allo punto che lo vello dello capite mio dello colore dello ferro fusse et allo contrario, li capelli sui, dallo zefiro mossi come onde longhe,
dorati et sfavillanti, sentia che lo core de sanguine traboccava per la dama sine freno de rimordimento. Nello primo tempore, che la fanciulla fusse adusa allo piacere dello volgo tutto non fue ragione de malo essere, datosi che l’istesso piacere donato fue allo nobile Brancalion medesimo,
ma nello secunno e nello tertio tempore e nelli tempori appresso, se principio’ allo manifesto uno parvulo rodimento de terga, alla vista delli trastulli delli innumerevoli altri cavalieri li quali in fila longobarda questuavano le grazie della donzella.
Et fue in cotal guisa che lo baldo animo dello predatore cangio’ nella inane rassegnatione della tremebonda preda.
Quale fue cagione dello malo essere che pervadea corpore et anima nelli approdi che seguitarono alla dolcissima piaggia? Dardo che Cupido at minchia de segugio scaglio’ nell’aere a trafiggere lo core dello prode Brancalion? Uno malo facere nello passato tempore lo quale necessitava de penitentia?
Sapea che li cavalieri alla questua, l’istesso afflato esperivano dello mio et nianco diritto de prima notte avea, ma lo struggimento dello core come che si fusse svotato de sanguine et uno malo languore nello punto medio dello corpore principio’ a cangiare la brama in languida sufferentia....
volgeami all’imbarco e sullo soffio dello vespero, issata che fue la vela, benché de mala fattura, allo scapocollo salpai et, forte lo braccio allo timone, la vista persi della costa.
Tesoro facenno dello narrare degli antichi commiliti, nell’onde tremule dello periglioso mare, noto allo volgo siccome Magno Congiungimento Annulare, m’accostai a ignota piaggia, fisso lo pensiero alla leggiadra fanciulla delle cui posterga se favoleggiava nelli racconti delli naufraghi.
Ancorato che fue lo malo barcone, colla maschia arma che, seppure ignara, principiava all’ingrosso siccome lo core dallo petto, lesto cum pede all’innanzi et allo contrario, percorrea la cupa foresta alla ricerca della candida cerva.
Et nello baleno dello guizzo dello pesce preso alla lama, m’apparve, celeste dea, tra lo verde cespuglio e lo nero dell’umbra. Bocca che richiusa fue et fugata la favella, sentiva le perigliose catene dello amore sine confine, avviluppare lo corpore toto et lo capo de cornuto elmo cinto e caddi, sconfitto già pria della pugna, allo cospetto di alti calzari, che, neri stiletti, pareano spadoni.
Se li numi fussero boni compari, allora spinto m’avrebbero alla fuga, ma traditori de mala schiatta essenno, aspersero de ‘si bono effluvio l’aere, che lo paradiso istesso misero compariva allo pectore dello loco nello quale, comunque, funesto presagio avea della malia della giovine cerva.
Seppure molte stagioni separassero le nostre fanciullezze, allo punto che lo vello dello capite mio dello colore dello ferro fusse et allo contrario, li capelli sui, dallo zefiro mossi come onde longhe,
dorati et sfavillanti, sentia che lo core de sanguine traboccava per la dama sine freno de rimordimento. Nello primo tempore, che la fanciulla fusse adusa allo piacere dello volgo tutto non fue ragione de malo essere, datosi che l’istesso piacere donato fue allo nobile Brancalion medesimo,
ma nello secunno e nello tertio tempore e nelli tempori appresso, se principio’ allo manifesto uno parvulo rodimento de terga, alla vista delli trastulli delli innumerevoli altri cavalieri li quali in fila longobarda questuavano le grazie della donzella.
Et fue in cotal guisa che lo baldo animo dello predatore cangio’ nella inane rassegnatione della tremebonda preda.
Quale fue cagione dello malo essere che pervadea corpore et anima nelli approdi che seguitarono alla dolcissima piaggia? Dardo che Cupido at minchia de segugio scaglio’ nell’aere a trafiggere lo core dello prode Brancalion? Uno malo facere nello passato tempore lo quale necessitava de penitentia?
Sapea che li cavalieri alla questua, l’istesso afflato esperivano dello mio et nianco diritto de prima notte avea, ma lo struggimento dello core come che si fusse svotato de sanguine et uno malo languore nello punto medio dello corpore principio’ a cangiare la brama in languida sufferentia....