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CIME TEMPESTOSE
Sottraggo il titolo al grande classico ottocentesco per capovolgerlo in questo racconto della mia viva passione, anti-romantica però, per una precisa origine, quella delle ragazze rumene zigane. Innanzitutto le più fini tra loro hanno un richiamo fortissimo sul mio senso estetico: forme minute e snelle, l’esotismo dei lineamenti, abbinamenti come la carnagione scura e gli occhi verdi. Poi, come sempre, c’è l’ispirazione o la deviazione di un sogno: la possibilità di un erotismo non borghese. Vedo, o letterariamente immagino, in loro, pur nella grande diversità individuale, dalle più spavalde, anche spigolose, alle spaesate, le ultime europee la cui sensualità non sia stata avvilita né dai sentimentalismi, né dai moralismi, né dalla politicizzazione del sesso, che lo estenua nella lotta dei generi, nella coppia, fra colleghi…, né dall’isterizzazione che pone molte pretese donne “libere” di oggi tra le più inibite di fatto della storia.

HIGHWAYS
Ho citato il celebre romanzo d’amore anche perché non mi pare un caso che esso sia pure un canone del razzismo antiziganista inglese (Porcellinus, anglista più competente di me, vorrà scusare questo giudizio senza sfumature). Vi si ripropone un’ossessiva distinzione fra i nobili biondi, di pelle chiara e con gli occhi azzurri, e lo zingaro Heathcliff, nero di pelle, di capelli e di occhi. Si contrappongono la casa e la terra, che i proprietari fondiari di pura stirpe anglosassone si tramandano di generazione in generazione, alle “strade maestre dell’Inghilterra”, dove il perturbatore di questi equilibri ha accumulato la sua ambigua fortuna. E non c’è lieto fine sino a quando l’inquinamento sentimentale-cromosomico prodotto dall’estraneo non viene debellato.
Così un testo fondativo dei miti sentimentalistici odierni suggerisce che la travolgente emozione romantica può essere a rischio di sconfinare, mentre il maturo legame borghese è radicalmente inassimilabile a questi margini della civilizzazione.
Io, insofferente di rassicurazioni domestiche e perbenismi della purezza, ho sempre avuto piacere di incontrare, lungo le generose e affollate strade reali di Lombardia, qualche lontana consanguinea del buon, o cattivo, Heathcliff.

MASCHERE
Nel corso degli anni sono stati espressi nel forum desideri analoghi.
http://gnoccaforum.com/esco…
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L’ipotesi emersa di abbordare direttamente la mendicante al semaforo o alla stazione della MM3 è audace ma, da diversi punti di vista, estrema. Scartando le reazioni razziste che non prendo in considerazione, sono state formulate, nelle discussioni citate, fondate riserve morali, giuridiche e igieniche, dal serio rischio minore età al problema pratico di dove appartarsi in una stazione sotterranea!
Più concretizzabile e appagante può rivelarsi un gioco sospeso fra travestimento e immedesimazione, peraltro conforme anche a certi risvolti delle mie fantasie erotiche e della mia natura. Come è ovvio, infatti, e come ho già raccontato, la maschera mi attira:
http://gnoccaforum.com/esco…
C’era allora da individuare un’autentica zigana che però avesse pratica di marciapiede, cui chiedere di indossare un abito etnico realistico e a lei familiare, per vagheggiare una situazione di quel tanto più selvatica del solito.

ZIGANE
Le corti dei miracoli milanesi in cui reperire la persona giusta non mancano, ma come sempre, quando si passa a concretizzare un’idea erotica, la realizzazione ha richiesto un certo impegno di ricerca itinerante. Premetto alla rassegna che tutte le nominate di seguito sono recensite e la discussione personale può essere facilmente reperita, mediante la ricerca del nome e dell’ubicazione che do in maiuscolo, dagli interessati ai dati fisici e tecnici che qui non ripeto.
In viale ORTLES, capoluogo del meretricio zigano ambrosiano, né ANNA, né BIANCA vengono da ambienti che mantengano l’uso dell’abito tradizionale. Anna si è arresa subito, peccato perché sarebbe stata la più incantevole delle zingarelle. Bianca, che è più scaltra, intuendo il possibile arrotondamento del compenso in palio, mi ha detto che non sarebbe stato un problema recuperarlo, ma non ha dato seguito alla proposta.
Invero più reticente delle altre, GEORGIANA di CARPIANO si era detta disponibile e mi raccontava che le piace mettere la gonna tradizionale, se l’era fatta portare da casa e l’aveva indossata per delle foto destinate alla sua pagina Facebook. Però, per quanto allegra e di compagnia, è una ragazza con cui è impossibile pianificare qualcosa seriamente. Mi fermavo tutte le volte che passavo dalla Binasca (senza fare sesso con lei, perché altrimenti le avrei dato un motivo per moltiplicare scuse atte a farmi tornare). Ebbene, un giorno l’abito era in prestito ad un’amica anche lei interessata a farsi delle foto curiose, una sera ad una collega che doveva intrattenere un cliente ispirato da fantasie simili alle mie, un’altra volta è a lavare. Ti dice di ripassare a fine turno e nel frattempo sparisce. Una volta che invece la pianti in asso tu, alla prima occasione si lagna che quella sera ti aveva aspettato. Dopo aver sfidato un presidio dei vigili e aver rischiato di farmi sodomizzare da un camion nella sua disgraziata piazzola, ho smesso di fare la corte al suo costume ormai sfumato nella leggenda.
DOINA è la ragazza più brillante (e scolarizzata) del gruppo. Lei mi disse che in Italia portava con sé la gonna “rossa, nera e di tutti i colori” e mi mostrò le foto di una festa di famiglia dove ben figurava con un elegante modello cerimoniale. Ma intanto sparisce, ricompare e si sposta ad una velocità che non mi consente di starle dietro. Inoltre è troppo imprevedibile perché sa essere dispettosa come un’adolescente: se si impunta su qualcosa (agli esordi persino sulle posizioni, ad esempio non voleva fare la pecorina perché si era messa in testa che c’erano più rischi di rompere il preservativo) ti manda a monte i programmi. A proposito di un mascheramento minore, una sera bella e calda, quando era vestita in modo particolarmente sconcio, si era rifiutata di coprirsi per venire a casa mia.
Sempre ben presidiata è via RIPAMONTI. ALINA dagli occhi azzurri è però scomparsa troppo presto, così come ROSA, che già mi aveva colpito per il gusto zigano che manteneva anche quando portava abiti moderni, iridescenti di colori. ALESSANDRA e DELIA mi attraevano per le stesse scelte sgargianti pure delle tenute professionali (in particolare il rosa di rigore di Delia). Una notte che avevo loro dato un passaggio al campo, poi, dove nessuna di loro ha piacere a mostrarsi alla comunità in abiti da lavoro, si erano cambiate in macchina: il repentino mutamento mi aveva affascinato. Sembravano più snelle e alte, le posture si irrigidivano, i capelli scuri raccolti esprimevano una seduzione immediatamente diversa dall’adescamento stradale, mentre si allontanavano nelle due lunghe gonne colorate fruscianti a terra.
Sia l’una, sia l’altra mi hanno detto che ci sarebbero state. Ad avvicinarmi a Delia, alla fine, c’è il fatto che ci conosciamo dal 2012, dai tempi in cui faceva coppia fissa con Doina in piazzale Bologna e a Cascina Gobba. Poi, come spesso capita, l’ho persa di vista, l’ho ritrovata, ma non l’ho riconosciuta subito. Il nome di per sé mi diceva poco, il viso è il suo, senz’altro, il corpo è cambiato, conservando un profilo snello, ma più materno, nel seno più grande e morbido, negli arrotondamenti sulla vita. Stavolta però la vicenda ha conosciuto uno sviluppo più romanzesco del solito, perché è stato un segno di riconoscimento, un segno sul corpo come in una favola antica, il tatuaggio di un nome, però, come in una favola moderna, a fare da ponte tra passato e presente suggellando l’identificazione. Mi era rimasta a lungo, infatti, la curiosità per quella Delia conosciuta in un’occasione sola e portata subito a casa mia con vivo divertimento, avevo bene in mente il tatuaggio e una sera mi venne in mente di chiedere alla collega e poi direttamente a lei. Ed eccoci ritrovati. Delia poi è più spontanea, chiacchierona (e simpaticamente cacciaballe). È stata quindi la selezionata di questo lungo casting per il ruolo, rovesciato, di un’appassionata Catherine zingara.

ETNOGRAFIA DI STRADA
Nelle recensioni, soprattutto in passato, venivano spesso etichettate frettolosamente come “zingarelle” generiche rumene di suburra, mentre tutte le ragazze citate in questa pagina, pure rumene, si identificano consapevolmente come zigane. Non mi dilungo in un’etnografia della contemporaneità che non tocca gli interessi che questo forum serve a condividere. In sintesi, comunque, tutte loro, pur essendo per moltissimi aspetti ragazze della loro età, e di questa età, con i cellulari ultimo modello, i profili Facebook ecc., cui mal si adatterebbero i vari stereotipi vittimistici del meretricio, mostrano d’altra parte (e talvolta celano e talvolta millantano) segni d’appartenenza al Popolo del viaggio. Per dire, anche in fatto di gusti musicali, almeno alcune ascoltano fra l’altro un ibrido pop-folk, che non è di mio gradimento (e non oso immaginare il responso di Ominona), ma, se volete farvi una opinione personale, vi giro la segnalazione, venutami dalla Delia, di Florin Salam, ben noto anche ad Anna che sa pure che è un filibustiere:
https://www.youtube.com/wat…
Sono consapevoli dei pregiudizi diffusi (e ammettono una possibile “vergogna” in merito), ma non faticano ad esprimere la propria identità. Doina, la prima volta che la portai a casa, mi chiese: “tu sei proprio italiano, italiano?”. Io: “sì, e tu sei proprio rumena, rumena?”. “No, metà rumena, metà zinghera”. Anna e Delia padroneggiano bene la lingua tradizionale, il romaní, e distinguono fra le colleghe che la parlano, che la capiscono soltanto o quelle con cui invece devono usare il rumeno, che per loro è frutto di un apprendimento scolastico. Anna ogni tanto legge dettagli di vita quotidiana alla luce di superstizioni divinatorie e interpreta simbolicamente le immagini dei sogni; fonte autorevole: la nonna. Raccontano fra il serio e il faceto le usanze che sentono più folk: con dovizia di particolari amano soffermarsi su quelle matrimoniali e l’acquisto della donna da parte del marito.
A proposito, Doina mi consigliava una sposa zigana: con 5000 euri di dote mi sarei trovato una moglie bella, affezionata alla famiglia e alla casa. Purtroppo Delia mi ha disilluso: se la voglio vergine non me la cavo con meno di 8000 euri. Pace, la piena realizzazione delle mie folli cime tempestose è rimandata alla prossima vita.

METAMORFOSI EROTICHE
L’incontro si è sviluppato in una prova generale, un contatto intermedio e una realizzazione.
La prima proposta a Delia risale ad una domenica pomeriggio di ottobre. Accetta per 100 euri, la accompagno dove abita per prendere gli abiti, ci perdiamo nel traffico, per colpa sua che non ricorda bene come arrivarci (penso: va bene la tradizione del nomadismo, ma almeno la strada di casa&hellip. Tiene una breve lezione: la maglia deve essere scollata a V per lasciare un po’ in mostra il seno, la gonna deve coprire il tallone. E mi dice che le loro famose gonne “etniche” qui in Italia le comprano dai cinesi per pochi euri, con un’approssimazione di stile, quindi nessuno sogni idilli di vecchie ricamatrici transilvane al lavoro al lume di candela.
Si cambia in macchina e ancora una volta la trasformazione è suggestiva: gonna azzurra a balze, maglietta dello stesso colore, giacca blu, capelli neri (allora) a coda raccolti da un nastro rosa, orecchini. Perfetta! A casa mia saliamo le scale tenendoci per mano, ma purtroppo non incontriamo nessuno dei miei vicini, perlopiù dei gran moralisti assolutamente da far ricredere circa la mia rispettabilità. Quindi le faccio qualche foto, vestita o poco svestita. Capisce ciò che voglio, si spoglia sopra ma tiene su la gonna. È seguito un pompino senza preservativo buono, mentre ha infiacchito l’apice della scopata l’uso dell’ultimo preservativo che avevo in casa, un ritardante spesso e pesantemente lubrificato, o forse il fatto che il contorno avesse più distratto che stimolato la mia attenzione erotica. Così siamo andati di pecorina, poi di smorzacandela, ma alla fine abbiamo concluso di mano con lei che mi stuzzicava.
In questi casi, quando il potenziale erotico di un’idea non riesce a riversarsi in modo ottimale nella tensione di una ciulata, penso occorra il secondo ciak, soprattutto se la compagnia dell’interprete mi allieta di per sé.
Torno alla carica dopo le vacanze di Natale, la trovo al solito posto, arrapante con stivali e minigonna viola, ma non è quello che mi occorre e anzi dice che ha appena fatto il viaggio di ritorno dalle vacanze e non ha il guardaroba utile. Mi accontento allora di un orale protetto al danno minimo in situ, ma, come dice il proverbio, il pompino porta consiglio e lei stessa, alla fine, mi dice che mentre mi succhiava l’uccello le era venuta l’idea che si poteva passare dai loro fornitori cinesi e provvedere. Sarà per la prossima occasione.
Il sabato grasso del calendario romano è stata l’occasione. È un precoce crepuscolo da brughiera, di pioviggine rada e freddo, ma la stella del carnevale non può che esserci propizia.
La ingaggio per la medesima somma della prima volta e passiamo da via Marco d’Agrate, il primo negozio cinese è chiuso, accidenti, mentre il vicino Bazar è aperto e salva il pomeriggio. Grazie alla sovvenzione di 18 euri da parte del sottoscritto, si compra una bellissima gonna blu lunga e una maglietta a fiori che a me pare semplicemente di gusto antiquato. Gli odierni antropologi delle ibridazioni e delle identità meticce scriverebbero una monografia su una zingara rumena che compra abiti para-tradizionali in un negozio cinese per compiacere (e a spese di) un cliente italiano. Glielo accenno e Delia ruffianeggia nobilitando in “amico” l’ultima definizione. In macchina si compie la metamorfosi, era vestita con stivaletti bassi e pantaloncini a culotte rosa molto sexy (tenuta comunque utile per qualche palpatina preparatoria ricambiata), perfezionata stavolta dalla disponibilità di un foulard chiaro e linee scure che si intrecciano perpendicolarmente. Lei lo porta attorno al collo, secondo un uso diffuso fra le ragazze rumene, e le chiedo di impiegarlo invece per coprirsi i capelli. Se lo avvolge sul capo, lasciando la fronte ampia e l’attaccatura dei capelli (adesso ramati) scoperte, e lo annoda al collo, in modo filologico, pur puntualizzando che da loro oggi è un costume desueto. A casa di nuovo attraversiamo la vietta interna e facciamo tutte le scale, le tengo la mano sulla spalla o nella sua mano, non so se osservati. Il momento delle foto di rito è reso più appagante dal desiderio di Delia di essere a sua volta ritratta da me con il suo cellulare, una manifestazione di simpatico coinvolgimento.
Poi finalmente scarico tutta le risorse energetiche della fantasia. Mi fa il pompino scoperto, prima io in piedi e lei seduta sul divano, poi io seduto sul divano e lei accovacciata, con qualche tocco di lingua richiesto e qualche grattatina dello scroto. Mi calza il preservativo, mantiene la tensione riservandomi ancora attenzioni di bocca, per passare alla penetrazione vaginale. La prendo da dietro in sala, senza pazientare fino all’alcova, io in piedi lei a novanta appoggiata solo con le palme delle mani sul divano, poi entrambi sul divano, sulle ginocchia. Delia, nei patti taciti, deve restare sempre vestita di tutto punto e con la testa coperta, si è solo arrotolata su uno stivaletto le mutandine e il collant, ma asseconda bene, al solito bagnandosi con la prodigalità di cui un’inglese infrigidita sarebbe incapace e sollevandosi la gonna, come in un’arcaica pecorina d’impeto sullo sfondo di un polveroso villaggio contadino.

Restando in tema, un sentito augurio di buon carnevale ambrosiano a tutti gli amici.
grande luigi
Jr. Member (168 post)
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Ciao Carnevale
ancora un grazie per un altro racconto d'altri tempi e di una cultura interessante. E' stato un piacere leggerlo. Ciao
Moscarossa