Un modo per definire in modo preciso la "fiducia" non esiste, a mio parere. Perché la fiducia è una 'predisposizione' del nostro animo verso gli altri. E la nostra predisposizione cambia al cambiare delle situazioni e delle esperienze (positive o negative) che facciamo. Forse è più semplice fare una distinzione tra fiducia 'spontanea' e fiducia 'razionale'.
La fiducia spontanea è inconsapevole. E' la fiducia degli innocenti, dei puri d'animo, perché la danno senza riserve. I bambini, le persone semplici, le popolazioni del cosiddetto terzo mondo sono predisposti a questo tipo di fiducia. Si tratta di un rapporto in cui qualcuno è più debole, indifeso o meno culturalizzato rispetto ad altri. Questo tipo di fiducia è spesso destinato ad essere tradito. Quindi, per reazione, nasce la tendenza a non fidarsi più di nessuno. Ma questo significa entrare in un mondo di diffidenza. Si vive col fantasma del possibile tradimento e non si riesce più a lasciarsi andare.
Il ragionamento che si fa in questi casi, è: ‘So bene che gli altri non meritano fiducia, ma d’altra parte mi devo sforzare per dimostrare a me stesso che sono disposto a non darlo per scontato’. In questo caso, non si fa un reale tentativo per aprirsi, ma si cercano conferme a una convinzione che si vuole mantenere. Ma senza fiducia in qualcosa o qualcuno non si può vivere bene. Quindi, l’unico atteggiamento possibile è quello di avere una fiducia diversificata a seconda delle persone, e rispetto ai cambiamenti che possono avvenire nelle persone stesse (noi cambiamo, e anche gli altri cambiano). Si tratta di passare da una fiducia irrazionale, a una fiducia meno spontanea e mirata a seconda delle situazioni che viviamo. E nel momento in cui accettiamo questa soluzione, forse riusciamo ad accettare che anche noi stessi possiamo tradire... o avere la stessa inaffidabilità (magari temporanea) che attribuiamo agli altri... e quindi ad accettare la fiducia parziale che pure gli altri ci possono riservare.