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buccine
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Così funziona la prostituzione a Torino. «Un posto in strada vale 4 mila euro»
di MASSIMILIANO NEROZZI

Funziona così: c’è il «proprietario della strada», cui viene pagato una sorta di canone d’affitto, lo sfruttatore e le ragazze, spesso legate ai protettori da illusorie relazioni sentimentali, ma pur sempre ingannate, umiliate, sfruttate. Lo schema del giro di prostituzione organizzato da diversi cittadini romeni e albanesi ai danni di alcune connazionali, è stato scoperto e azzerato da un’indagine dei poliziotti della seconda sezione della Squadra mobile, coordinati dal pubblico ministero Valentina Sellaroli. Risultato: custodie cautelari a inizio anno e, poi, 11 patteggiamenti, per condanne che vanno dai due anni ai tre anni e otto mesi di reclusione.

Tutto inizia una sera del gennaio 2018, quando una volante del commissariato Madonna di Campagna, si reca in un appartamento tra corso Venezia e corso Grosseto, per il tentato suicidio di una ragazza moldava, che si era buttata dal secondo piano. In quella casa, si scoprirà poi, vivevano diverse giovani dedite alla prostituzione, appunto. Da lì, gli investigatori della Mobile iniziano a raccogliere elementi e indizi, tra appostamenti notturni, cimici nelle auto e intercettazioni telefoniche. Ne uscirà un quadro completo e definito dello sfruttamento della prostituzione riferito a quella zona della periferia, ma nella pratica applicato ovunque in città. Al vertice — riassume nell’ordinanza di custodia cautelare il gip Valentina Soria — c’è il «proprietario del marciapiede», che ottiene «il pagamento di un affitto settimanale per «l’occupazione del “posto”». Va da sé, la gestione della strada da parte del proprietario comporta diverse altre incombenze: «La determinazione dei prezzi delle prestazioni sessuali, la distribuzione dei posti e la risoluzione di eventuali dissidi tra sfruttatori e le loro prostitute».

Con tanto di tariffario, come fosse una qualsiasi attività commerciale: «Tutti gli sfruttatori pagavano una cifra, circa 200 euro a settimana, al proprietario della strada, per consentire alla loro ragazza di prostituirsi». Predeterminati, come fosse un cartello di aziende, erano anche gli importi delle prestazioni: «Non erano frutto di una libera scelta — confesserà una ragazza — ma imposti dal proprietario, per evitare la concorrenza tra le ragazze», ovvero «tra i diversi protettori». Gli accertamenti confermeranno il racconto. In particolare, «è emerso come tutte le donne assoggettate ai diversi sfruttatori (con i quali avevano una relazione sentimentale) dovessero corrispondere un vero e proprio canone d’affitto per il tratto di strada che occupavano per prostituirsi». Diverse erano appunto legate ai propri protettori, tra illusioni e false promesse, tanto da litigarci e stare male, di fronte ai tradimenti. Come si capisce da un’intercettazione tra due ragazze: «Quanto ho lavorato io quest’anno? Non sono rimasta a casa nemmeno due giorni, e quella gli ha dato in due mesi e mezzo quel che io gli ho dato in un mese».

E ancora: «Si è venduto per soldi: per 5.000 euro che ha da quella e io gli avevo dato 7.000 in un mese». L’amica le dà ragione: «Non ha scuse, perché tu in tutto l’anno gli avrai fatto guadagnare 100.000 euro». Con due giovani a disposizione, lo sfruttatore era arrivato a un fatturato record: «7.500 da una e 6.000 dall’altra, in un mese e tre settimane». Bieca considerazione: «Sono riuscite a farci fare dei bei soldini». Dall’annotazione della Squadra mobile, emerge anche il commercio dei posti: per dire, c’è uno sfruttatore che «sposta la donna da corso Grosseto a via Lessona, acquistando il posto da un cittadino albanese». Prezzo: «Verosimilmente, 4.000 euro».
BELLO.CICCIO
Jr. Member (500 post)
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ci credo.. una storia simile l ho sentita da una mia preferita che ora ha smesso ed e tornata a casa in albania