Ti ho vista uscire con disarmante facilità da giovani corpi e splendente inghiottita dalla notte.
Disprezzata per pochi spiccioli e calpestata in onore di un calvario senza senso.
Assaporata attimo per attimo nel gioioso gioco di bambini festanti.
Lasciata con dignità da eroi senza memoria.
Opaca e claudicante, stanca e affranta verso gli anni grigi dell’esistenza.
Portata via con impetuoso fervore da un soldato romano, correndo veloce con il sangue lungo la lama nemica.
Difesa con tenacia in pochi etti di essere umano non voluto.
Buttata via con la solitudine, sull’asfalto sporco di una qualsiasi strada.
Ti ho usata e sprecata, sottovalutata e resa nemica da perverse vie razionali.
Ingenuamente ti ho creduto infinita e con stentorea voce mi hai riportato alla realtà.
Insultata dalla disperazione di chi non ti vuole abbandonare.
Richiamata miracolosamente sulle vie imperscrutabili della fede.
Un sorriso verso un cuore chiuso e sei rinata dal gonfio ventre di una donna.
Senza fiato pregata e agognata, supplicata e soppressa, bevuta come un sorso d’acqua fresca.
Prolungata forzatamente in una stanza d’ospedale.
Strappata via per una parola di troppo.
Correndo verso la tua fine senza contarne i giorni, appoggi la testa e ricordi il tempo giovane.
Regnando sul mondo ricordi la tua maestosa caducità solo a chi non apprezza il tuo valore.
Mi hai permesso di piangere e di ridere su spoglie di semplici emozioni.
Ti ho vista viaggiare senza salutare nessuno e perdere le forze con l’amarezza nel cuore.
Sei scivolata via nei gelidi mattini d’inverno consumando il più triste dei momenti.
Ti sei esaltata negli oceani e nei cieli, esplosa nella tua potenza, nella gioia di un abbraccio.
Senza risposte, senza domande, sei dentro me e ascolto il tuo pulsare.
Non so spiegarmelo ma nell’apoteosi dei perché fluisci senza sosta nella mia sostanza.
Grazie vita.
Dedicata al superdatato Dindi e all’auto-esiliato Livius.
Tutto ciò che scrivo è solo frutto della mia fervida fantasia.