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strampalato
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A mezzanotte Greta se ne sta seduta in un angolo di marciapiede lungo via Cigna: ha compiuto 18 anni ad agosto, ma gli agenti delle volanti la conoscono da quando era ancora minorenne. Siciliana di Noto, Greta voleva studiare a Torino, adesso si prostituisce per 20 euro: quanto le è sufficiente per raggiungere il primo spacciatore e comprare un «tegolino», cioè una dose da 0,25 grammi di crack. In strada gli hanno dato il nome delle vecchie merendine anni ‘80 alle pietre di cocaina e bicarbonato di sodio, o ammoniaca, pronte da fumare con una pipetta acquistabile anche in tabaccheria a un euro e 50 centesimi l’una.

Quella di Greta, che spesso la notte si sfama con i pezzi di pizza che le portano gli agenti, è solo una delle tante storie di consumo del derivato povero della «coca» che è sempre più ricercato in città. Lo sanno bene i carabinieri della compagnia San Carlo. I «tegolini» viaggiano nascosti sotto la lingua degli spacciatori che percorrono avanti e indietro via Nizza in bilico sui monopattini elettrici, o di quelli che stazionano nel cuore della movida a San Salvario: nell’aiuola d’angolo tra via Morgari e via Saluzzo, in via Ormea, a due passi dalla ex piscina Parri, dove ormai c’è più crack che prostituzione.

I consumatori sono molti. Ai carabinieri è sufficiente seguirli con lo sguardo per risalire agli spacciatori. Solo tre giorni fa, proprio i militari della compagnia San Carlo, di fronte alla parrocchia in via Saluzzo hanno arrestato un pusher centro africano di 22 anni, trovato con indosso 58 dosi tra crack ed eroina. Il profilo degli acquirenti tracciato dalle forze dell’ordine coincide con quello degli utenti che si rivolgono quotidianamente ai servizi di riduzione del danno del comune di Torino.
Perché finora i consumatori che riescono a intercettare i servizi sociali sono le persone più in difficoltà, come Greta. Ma «se avessimo più servizi di riduzione del danno, per consentire agli uomini e alle donne di parlare, confrontarsi, avremmo dati altri rispetto alla patologia», premette Elisa Fornero del progetto Neutravel della cooperativa Alice, impegnata nella limitazione dei rischi legati al consumo di sostanze nei contesti del divertimento notturno giovanile.

Non è ai grandi festival di musica elettronica che si intercettano i consumatori di crack. Dei 70 utenti che si rivolgono quotidianamente al drop-in della Asl in corso Svizzera, per parlare, sedersi in un luogo caldo e pulito, ricevere gratuitamente pipette nuove e siringhe sterili, 50 sono italiani, per il 90 per cento maschi e nella maggioranza del 70 per cento (40) consumatori di crack.Gli operatori delle unità di strada del servizio “Can go” dell’Asl garantiscono lo stesso servizio con un camper che staziona quotidianamente al ponte Mosca, e fanno delle passeggiate a Torino nord, intorno alla ex Gondrand, tra corso Venezia, corso Giulio Cesare, corso Palermo. «Con i nuovi presidi fisse delle forze dell’ordine è diventato più difficile intercettare i consumatori – racconta un operatore – si nascondono nei giardini, nelle siepi».

Il crack produce un effetto diverso dalla cocaina sniffata: è più forte e simile all’eroina. Chi lo usa tende ad assumerlo in solitudine. Il consumatore tipo noto alle forze dell’ordine o che si rivolge ai servizi assistenziali della Asl finisce per essere il soggetto più patologico e con lo stato di salute più compromesso degli altri. Un senzatetto o a quasi, esattamente come i dipendenti da crack che si incontrano sdraiati tra i senzatetto sotto i portici in via Roma. Ma il crack, la droga da fumare che ha soppiantato l’eroina e che sta invadendo Torino, è consumato anche dai figli della borghesia. «Comprano la coca, costa il doppio (40 euro al grammo) – racconta un carabiniere – e la “cucinano” in casa».