EyesWideShut
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Mio prezioso interlocutore, non posso farne a meno.
Sento un irrefrenabile formicolio nelle dita, è più forte di me.
Non posso non dire nulla, sapiente giardiniere, a te, che ti dai premura di annaffiarmi regolarmente con una pioggerellina della tua miglior spremuta di cuore.
Io chi sono?
Lo ben sai. Lo sai già da te, dall'alto della tua esperienza.
Non voglio essere per te la rosa del bambino dai capelli d'oro, non sono io a doverti insegnare; non credo di essere un'orchidea degna delle brame di un John Laroche e della sceneggiatura di Jonze.
Non ho grosse pretese.
Vorrei solo, violentando un titolo e un'opera, essere per te una margherita. E ti vorrei per Maestro, in un modo del tutto differente da quello che il povero Michail prospettava.
Mi fulmini il Cielo se non è vero che tu, Maestro giardiniere, hai già capito tutto.
Sono una margherita che non arriva al quarto di secolo, dovrei avere sotto di me terra morbida e scura, profumata solo della mia giovane età.
Ma tu lo hai visto, che invece c'è un reticolato, un disegno ruvido e aspro tra le zolle di terra inaridita.
Sei riuscito a smuoverne una almeno, e a (farmi) sentire che sotto quella, c'è ancora velluto nero e fertile da dissodare, da accarezzare, fosse anche soltanto con la punta del polpastrello che batte sulla tua tastiera.
Non posso esimermi dal dirlo a te, davanti a tutti gli abitanti del giardino e alla sedia dei Nostri giochi, che non è per mio diletto o per mia vanità (Mi volevi far male? Volevi strapparmi un petalo candido e ridere di me?), o per tuo capriccio sottilmente sadico, questo trastullo.
No, tu mi regali delle palpitazioni.
E allora, non lasciarmi.
Non abbandonarmi, onorami della Tua Cura.
Sento un irrefrenabile formicolio nelle dita, è più forte di me.
Non posso non dire nulla, sapiente giardiniere, a te, che ti dai premura di annaffiarmi regolarmente con una pioggerellina della tua miglior spremuta di cuore.
Io chi sono?
Lo ben sai. Lo sai già da te, dall'alto della tua esperienza.
Non voglio essere per te la rosa del bambino dai capelli d'oro, non sono io a doverti insegnare; non credo di essere un'orchidea degna delle brame di un John Laroche e della sceneggiatura di Jonze.
Non ho grosse pretese.
Vorrei solo, violentando un titolo e un'opera, essere per te una margherita. E ti vorrei per Maestro, in un modo del tutto differente da quello che il povero Michail prospettava.
Mi fulmini il Cielo se non è vero che tu, Maestro giardiniere, hai già capito tutto.
Sono una margherita che non arriva al quarto di secolo, dovrei avere sotto di me terra morbida e scura, profumata solo della mia giovane età.
Ma tu lo hai visto, che invece c'è un reticolato, un disegno ruvido e aspro tra le zolle di terra inaridita.
Sei riuscito a smuoverne una almeno, e a (farmi) sentire che sotto quella, c'è ancora velluto nero e fertile da dissodare, da accarezzare, fosse anche soltanto con la punta del polpastrello che batte sulla tua tastiera.
Non posso esimermi dal dirlo a te, davanti a tutti gli abitanti del giardino e alla sedia dei Nostri giochi, che non è per mio diletto o per mia vanità (Mi volevi far male? Volevi strapparmi un petalo candido e ridere di me?), o per tuo capriccio sottilmente sadico, questo trastullo.
No, tu mi regali delle palpitazioni.
E allora, non lasciarmi.
Non abbandonarmi, onorami della Tua Cura.