Casalinghe prostitute l’elenco dei clienti sui tabulati telefonici
Montesilvano, i carabinieri a caccia dei testimoni del giro a luci rosse nell’appartamento di corso Umberto
MONTESILVANO. Il cliente non intercettato dai carabinieri fuori dell’appartamento a luci rosse, salterà fuori dai tre telefonini portati via dagli investigatori e utilizzati per concordare gli appuntamenti dalle casalinghe-prostitute, quattro donne tra i 30 e i 50 anni che sfidavano la crisi economica vendendosi in pieno giorno, durante la pausa pranzo.
La “verità” dei tabulati telefonici servirà a ricostruire le coordinate del giro hard che aveva la base al sesto piano di una palazzina di corso Umberto, a Montesilvano.
Se l’indagine è già puntellata dai mesi di appostamenti dei militari, dai sequestri all’interno della casa di battipanni e frustini, stimolanti e unguenti, manette e preservativi, la testimonianza dei clienti – 15 finora quelli identificati – servirà a mettere il punto finale. Dai contatti con i numeri di telefono disponibili su siti specializzati in incontri a luci rosse, si risalirà ai nomi di chi ha frequentato la casa e che presto potrebbe essere chiamato in caserma e in tribunale per confermare l’esistenza della casa d’appuntamenti.
Lo faranno in qualità di «persone informate sui fatti»: operai, imprenditori, commercianti, persino un alto funzionario di un ente pubblico sorpreso in camera da letto con una delle ragazze e visibilmente irritato, mercoledì scorso, quando i carabinieri hanno fatto irruzione.
Non c’è alcun rischio penale per i clienti delle donne – casalinghe sposate o separate, disoccupate come l’estetista rimasta senza lavoro o la romena unica straniera del quartetto, tutte tra i 30 e i 50 anni – semmai l’imbarazzo di vedersi notificare a casa la convocazione per un interrogatorio.
I tre telefonini sono la chiave per mettere insieme il quadro delle accuse, considerando che nella casa non sono state trovate né agende né computer. Era sufficiente, invece, comporre uno dei numeri hard per ottenere in dieci minuti l’incontro, da saldare con 50 euro, da raddoppiare in caso di prestazione con due donne.
Non è difficile ipotizzare che la clientela fosse molto più ampia delle 15 persone, tra i 20 e i 60 anni, già identificate dai carabinieri, coordinati dal capitano Enzo Marinelli. Uomini per lo più sposati che, una volta bloccati dai militari, hanno tentato in molti casi di dribblare ogni coinvolgimento raccontando di essersi recati in altri appartamenti del palazzo.
Gli investigatori non hanno mollato la presa: hanno prospettato il rischio che, dicendo il falso, l’incriminazione per favoreggiamento sarebbe stata inevitabile. Un éscamotage che ha fatto subito breccia e ha spinto i clienti ad ammettere gli incontri a luci rosse, costati la denuncia per favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione a un uomo di 43 anni di Montesilvano, ufficialmente affittuario dell’appartamento, e alla 35enne, pure di Montesilvano, che lo aveva preso in subaffitto e che, secondo gli investigatori, si prostituiva. Una volta completata l’indagine, a tirare le conclusioni sarà il sostituto procuratore Giuseppe Bellelli, che ha chiesto e ottenuto dal gip Maria Michela Di Fine il sequestro preventivo dell’appartamento. Il pm dovrà decidere se chiedere il rinvio a giudizio dei due.
Tutto ciò che scrivo è pura fantasia, e non corrisponde in alcun modo a fatti o persone reali
Montesilvano, i carabinieri a caccia dei testimoni del giro a luci rosse nell’appartamento di corso Umberto
MONTESILVANO. Il cliente non intercettato dai carabinieri fuori dell’appartamento a luci rosse, salterà fuori dai tre telefonini portati via dagli investigatori e utilizzati per concordare gli appuntamenti dalle casalinghe-prostitute, quattro donne tra i 30 e i 50 anni che sfidavano la crisi economica vendendosi in pieno giorno, durante la pausa pranzo.
La “verità” dei tabulati telefonici servirà a ricostruire le coordinate del giro hard che aveva la base al sesto piano di una palazzina di corso Umberto, a Montesilvano.
Se l’indagine è già puntellata dai mesi di appostamenti dei militari, dai sequestri all’interno della casa di battipanni e frustini, stimolanti e unguenti, manette e preservativi, la testimonianza dei clienti – 15 finora quelli identificati – servirà a mettere il punto finale. Dai contatti con i numeri di telefono disponibili su siti specializzati in incontri a luci rosse, si risalirà ai nomi di chi ha frequentato la casa e che presto potrebbe essere chiamato in caserma e in tribunale per confermare l’esistenza della casa d’appuntamenti.
Lo faranno in qualità di «persone informate sui fatti»: operai, imprenditori, commercianti, persino un alto funzionario di un ente pubblico sorpreso in camera da letto con una delle ragazze e visibilmente irritato, mercoledì scorso, quando i carabinieri hanno fatto irruzione.
Non c’è alcun rischio penale per i clienti delle donne – casalinghe sposate o separate, disoccupate come l’estetista rimasta senza lavoro o la romena unica straniera del quartetto, tutte tra i 30 e i 50 anni – semmai l’imbarazzo di vedersi notificare a casa la convocazione per un interrogatorio.
I tre telefonini sono la chiave per mettere insieme il quadro delle accuse, considerando che nella casa non sono state trovate né agende né computer. Era sufficiente, invece, comporre uno dei numeri hard per ottenere in dieci minuti l’incontro, da saldare con 50 euro, da raddoppiare in caso di prestazione con due donne.
Non è difficile ipotizzare che la clientela fosse molto più ampia delle 15 persone, tra i 20 e i 60 anni, già identificate dai carabinieri, coordinati dal capitano Enzo Marinelli. Uomini per lo più sposati che, una volta bloccati dai militari, hanno tentato in molti casi di dribblare ogni coinvolgimento raccontando di essersi recati in altri appartamenti del palazzo.
Gli investigatori non hanno mollato la presa: hanno prospettato il rischio che, dicendo il falso, l’incriminazione per favoreggiamento sarebbe stata inevitabile. Un éscamotage che ha fatto subito breccia e ha spinto i clienti ad ammettere gli incontri a luci rosse, costati la denuncia per favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione a un uomo di 43 anni di Montesilvano, ufficialmente affittuario dell’appartamento, e alla 35enne, pure di Montesilvano, che lo aveva preso in subaffitto e che, secondo gli investigatori, si prostituiva. Una volta completata l’indagine, a tirare le conclusioni sarà il sostituto procuratore Giuseppe Bellelli, che ha chiesto e ottenuto dal gip Maria Michela Di Fine il sequestro preventivo dell’appartamento. Il pm dovrà decidere se chiedere il rinvio a giudizio dei due.
Tutto ciò che scrivo è pura fantasia, e non corrisponde in alcun modo a fatti o persone reali
