Tornando a casa la vedo da lontano, qualcosa di familiare… Camminava nella mia direzione e, arrivata più vicina, la riconosco e le sorrido: “Ciao!”… “Ciao, come stai?”, mi risponde con un sorriso appena accennato…
La incontrai la prima volta sei anni fa, alle sei del mattino. Diluviava e dovevo prendere il bus per andare al lavoro. La strada era un fiume in piena e per andare alla fermata dovetti guadarlo. Il risultato fu che, nonostante l’ombrello, ero già fradicio e le scarpe, piene d’acqua che sprizzava fuori ad ogni passo, gracidavano come rane in uno stagno.
Lei era alla fermata. Mi osservava arrivare con una punta di pena negli occhi, ben dissimulata. Era bella, dallo sguardo dolce, un pochino malinconica, orientale. Non riuscivo a capire di dove fosse… Non sembrava cinese, no. Le cinesi hanno un viso caratteristico. Neanche giapponese… Rinunciai a capire, perso nei miei pensieri, e cambiai lo sguardo altrove. Restammo in silenzio, non una parola, non un gesto… solo la coscienza della presenza dell’altro.
La incontrai ed ammirai diverse altre volte, stessa fermata, stesso orario, stessi sguardi fugaci, qualche giornata di sole… neanche una parola.
Poi cambiai fermata e per anni non l’ho più vista. Ne cercata. La vidi una volta in una macchina, accanto a quello che doveva essere presumibilmente il suo uomo, bella e malinconica come sempre. Lei non si rese conto che la stavo osservando.
Passarono altri anni e sei mesi fa, seduto nel tram, la vedo entrare ad una delle tante fermate, mi vede e, riconoscendomi, mi sorride: “Ciao…”, “Ciao” le rispondo con un sorriso colmo del calore che mi era sgorgato improvviso dal profondo del cuore… Ci siamo guardati in silenzio, ognuno seduto al suo posto, quasi distrattamente, quasi a frenare e dissimulare l’interesse reciproco. Dovevo scendere alla fermata successiva e non avevo scampo…
Ed eccola di nuovo, praticamente sotto casa, che mi sorride e mi domanda: “Come stai?” “E’ tanto che non ti vedo, non vai più al lavoro?” “No” le rispondo, “…sono da poco in pensione”… “Così giovane?” “Beh,… ho iniziato a lavorare presto, da bambino…” “Meglio per te, fai bene” mi risponde, incamminandosi e un po’ in imbarazzo per essersi lasciata andare e aver fatto tante domande, rivelando così il suo interesse “…così ti riposi… Ciao”… “Ciao, bella” le rispondo, accompagnando il saluto con un cenno della mano…
...solitario nella notte mi aggiro in cerca di una preda...
La incontrai la prima volta sei anni fa, alle sei del mattino. Diluviava e dovevo prendere il bus per andare al lavoro. La strada era un fiume in piena e per andare alla fermata dovetti guadarlo. Il risultato fu che, nonostante l’ombrello, ero già fradicio e le scarpe, piene d’acqua che sprizzava fuori ad ogni passo, gracidavano come rane in uno stagno.
Lei era alla fermata. Mi osservava arrivare con una punta di pena negli occhi, ben dissimulata. Era bella, dallo sguardo dolce, un pochino malinconica, orientale. Non riuscivo a capire di dove fosse… Non sembrava cinese, no. Le cinesi hanno un viso caratteristico. Neanche giapponese… Rinunciai a capire, perso nei miei pensieri, e cambiai lo sguardo altrove. Restammo in silenzio, non una parola, non un gesto… solo la coscienza della presenza dell’altro.
La incontrai ed ammirai diverse altre volte, stessa fermata, stesso orario, stessi sguardi fugaci, qualche giornata di sole… neanche una parola.
Poi cambiai fermata e per anni non l’ho più vista. Ne cercata. La vidi una volta in una macchina, accanto a quello che doveva essere presumibilmente il suo uomo, bella e malinconica come sempre. Lei non si rese conto che la stavo osservando.
Passarono altri anni e sei mesi fa, seduto nel tram, la vedo entrare ad una delle tante fermate, mi vede e, riconoscendomi, mi sorride: “Ciao…”, “Ciao” le rispondo con un sorriso colmo del calore che mi era sgorgato improvviso dal profondo del cuore… Ci siamo guardati in silenzio, ognuno seduto al suo posto, quasi distrattamente, quasi a frenare e dissimulare l’interesse reciproco. Dovevo scendere alla fermata successiva e non avevo scampo…
Ed eccola di nuovo, praticamente sotto casa, che mi sorride e mi domanda: “Come stai?” “E’ tanto che non ti vedo, non vai più al lavoro?” “No” le rispondo, “…sono da poco in pensione”… “Così giovane?” “Beh,… ho iniziato a lavorare presto, da bambino…” “Meglio per te, fai bene” mi risponde, incamminandosi e un po’ in imbarazzo per essersi lasciata andare e aver fatto tante domande, rivelando così il suo interesse “…così ti riposi… Ciao”… “Ciao, bella” le rispondo, accompagnando il saluto con un cenno della mano…
...solitario nella notte mi aggiro in cerca di una preda...
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