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ragazzi mi fate lavorare!!!sono un legale, anche se mi occupo di altri settori
vi posto un articolo di giornale che spiega in modo prolisso il caso:
Azione per il riconoscimento di paternità e/o maternità
L'art. 269 c.c, nel disciplinare l'istituto della dichiarazione giudiziale di paternità e/o maternità naturale, così statuisce: "La paternità e la maternità naturale possono essere giudizialmente dichiarate, nei casi in cui il riconoscimento è ammesso. La prova della paternità e della maternità può essere data con ogni mezzo…; la sola dichiarazione della madre e la sola esistenza di rapporti tra la madre e il preteso padre all'epoca del concepimento non costituiscono prova della paternità".
Nel nostro ordinamento, quindi, chi è nato fuori dal matrimonio e non è stato riconosciuto alla nascita da uno dei genitori naturali, può promuovere un'azione davanti al Tribunale per ottenere una sentenza dichiarativa della filiazione, che ex art. 277 c.c., produce gli stessi effetti del riconoscimento.
La competenza è diversa a seconda che il figlio naturale sia maggiorenne o minore di età: nel primo caso l'azione per la dichiarazione giudiziale di paternità e/o maternità si promuove avanti al Tribunale ordinario, mentre nel caso di minore di età la competenza spetta al Tribunale dei minori.
In tale ultimo caso, l'art. 273 c.c attribuisce la legittimazione ad agire alla persona che esercita la potestà sul minore, che può essere la madre (o il padre) oppure il tutore: quest'ultimo però ha l'obbligo di chiedere l'autorizzazione al giudice tutelare prima di agire in giudizio.Inoltre l'azione è subordinata al consenso del figlio minore se questi ha compiuto i sedici anni di età.
Tale azione è peraltro imprescrittibile e questo significa che può essere promossa in qualunque momento e anche dopo anni dalla nascita, visto che la legge non pone alcun limite di tempo per agire in giudizio.
Corte Costituzionale 2006: una sentenza innovativa
In materia è da segnalare una importantissima sentenza della Corte Costituzionale, che ha segnato una svolta storica nel procedimento per la dichiarazione giudiziale di paternità: si tratta della sentenza n. 50 del 10 febbraio 2006, con la quale la Corte ha dichiarato l'incostituzionalità dell'art. 274 c.c., che subordinava l'esercizio dell'azione di riconoscimento giudiziale al previo esperimento di una procedura di ammissibilità.
In altre parole, prima di iniziare la causa vera e propria nei confronti del padre o della madre naturale, l'interessato doveva con ricorso dare impulso ad un preventivo giudizio di delibazione, nel corso del quale, con indagine sommaria e segreta, il Tribunale doveva valutare e vagliare l'esistenza di indizi tali da far apparire giustificata l'azione (ad esempio occorreva dimostrare, anche con testimoni, l'esistenza di una relazione tra l'uomo e la donna da cui era verosimile che fosse nato il figlio naturale).
Tale giudizio si svolgeva in camera di consiglio e l'inchiesta sommaria doveva avere luogo senza alcuna pubblicità e doveva essere mantenuta segreta; avverso la decisione del tribunale di poteva reclamare in appello e avverso la decisione della Corte d'Appello si poteva ricorrere per cassazione e soltanto dopo questo iter procedurale, che poteva anche durare molti anni, l'interessato poteva procedere con l'azione vera e propria chiedendo di poter provare la paternità attraverso gli esami ematologici o sul DNA, prova che di fatto è l'unica che si chiede nel giudizio di merito.
Tutte queste lungaggini praticamente costringevano l'interessato ad una battaglia giudiziaria lunga e onerosa, e soltanto dopo anni riusciva ad avere una sentenza sulla paternità biologica.
Dopo l'intervento della Corte Costituzionale con la decisiva sentenza n. 50/2006, il processo per l'accertamento della paternità diventa tendenzialmente più rapido: si da all' interessato la possibilità di azionare subito le sue pretese in sede di merito e di citare immediatamente in giudizio il presunto padre naturale per vedersi riconosciuto lo status di figlio naturale, attraverso il ricorso alla prova principe, l'esame sul DNA.
Chi opera nel settore non può non rendersi conto della portata rivoluzionaria di tale pronuncia, che è stata accolta dagli operatori del diritto come una ventata innovativa che ha "svecchiato" un istituto che, nato in un contesto storico ormai superato, non riusciva più ad essere in sintonia con una società moderna e tecnologicamente evoluta.
vi posto un articolo di giornale che spiega in modo prolisso il caso:
Azione per il riconoscimento di paternità e/o maternità
L'art. 269 c.c, nel disciplinare l'istituto della dichiarazione giudiziale di paternità e/o maternità naturale, così statuisce: "La paternità e la maternità naturale possono essere giudizialmente dichiarate, nei casi in cui il riconoscimento è ammesso. La prova della paternità e della maternità può essere data con ogni mezzo…; la sola dichiarazione della madre e la sola esistenza di rapporti tra la madre e il preteso padre all'epoca del concepimento non costituiscono prova della paternità".
Nel nostro ordinamento, quindi, chi è nato fuori dal matrimonio e non è stato riconosciuto alla nascita da uno dei genitori naturali, può promuovere un'azione davanti al Tribunale per ottenere una sentenza dichiarativa della filiazione, che ex art. 277 c.c., produce gli stessi effetti del riconoscimento.
La competenza è diversa a seconda che il figlio naturale sia maggiorenne o minore di età: nel primo caso l'azione per la dichiarazione giudiziale di paternità e/o maternità si promuove avanti al Tribunale ordinario, mentre nel caso di minore di età la competenza spetta al Tribunale dei minori.
In tale ultimo caso, l'art. 273 c.c attribuisce la legittimazione ad agire alla persona che esercita la potestà sul minore, che può essere la madre (o il padre) oppure il tutore: quest'ultimo però ha l'obbligo di chiedere l'autorizzazione al giudice tutelare prima di agire in giudizio.Inoltre l'azione è subordinata al consenso del figlio minore se questi ha compiuto i sedici anni di età.
Tale azione è peraltro imprescrittibile e questo significa che può essere promossa in qualunque momento e anche dopo anni dalla nascita, visto che la legge non pone alcun limite di tempo per agire in giudizio.
Corte Costituzionale 2006: una sentenza innovativa
In materia è da segnalare una importantissima sentenza della Corte Costituzionale, che ha segnato una svolta storica nel procedimento per la dichiarazione giudiziale di paternità: si tratta della sentenza n. 50 del 10 febbraio 2006, con la quale la Corte ha dichiarato l'incostituzionalità dell'art. 274 c.c., che subordinava l'esercizio dell'azione di riconoscimento giudiziale al previo esperimento di una procedura di ammissibilità.
In altre parole, prima di iniziare la causa vera e propria nei confronti del padre o della madre naturale, l'interessato doveva con ricorso dare impulso ad un preventivo giudizio di delibazione, nel corso del quale, con indagine sommaria e segreta, il Tribunale doveva valutare e vagliare l'esistenza di indizi tali da far apparire giustificata l'azione (ad esempio occorreva dimostrare, anche con testimoni, l'esistenza di una relazione tra l'uomo e la donna da cui era verosimile che fosse nato il figlio naturale).
Tale giudizio si svolgeva in camera di consiglio e l'inchiesta sommaria doveva avere luogo senza alcuna pubblicità e doveva essere mantenuta segreta; avverso la decisione del tribunale di poteva reclamare in appello e avverso la decisione della Corte d'Appello si poteva ricorrere per cassazione e soltanto dopo questo iter procedurale, che poteva anche durare molti anni, l'interessato poteva procedere con l'azione vera e propria chiedendo di poter provare la paternità attraverso gli esami ematologici o sul DNA, prova che di fatto è l'unica che si chiede nel giudizio di merito.
Tutte queste lungaggini praticamente costringevano l'interessato ad una battaglia giudiziaria lunga e onerosa, e soltanto dopo anni riusciva ad avere una sentenza sulla paternità biologica.
Dopo l'intervento della Corte Costituzionale con la decisiva sentenza n. 50/2006, il processo per l'accertamento della paternità diventa tendenzialmente più rapido: si da all' interessato la possibilità di azionare subito le sue pretese in sede di merito e di citare immediatamente in giudizio il presunto padre naturale per vedersi riconosciuto lo status di figlio naturale, attraverso il ricorso alla prova principe, l'esame sul DNA.
Chi opera nel settore non può non rendersi conto della portata rivoluzionaria di tale pronuncia, che è stata accolta dagli operatori del diritto come una ventata innovativa che ha "svecchiato" un istituto che, nato in un contesto storico ormai superato, non riusciva più ad essere in sintonia con una società moderna e tecnologicamente evoluta.