Anna mi si è presentata come una veterana, con esperienza pluridecennale, operante da anni in zona pur con qualche interruzione, ma, se ho cercato bene, ancora priva di una discussione propria. Staziona sulla ex SS dei Giovi, in una piazzola che ci si trova a destra procedendo da Binasco verso Milano, poco prima del semaforo della frazione di Badile (dove si dirama la deviazione per Lacchiarella), comune di Zibido San Giacomo, 45.35 2620, 9.12 6017. La occupa di notte e almeno nei giorni non di punta verso l’1,30, a quanto ho verificato, stacca.
È una giovane donna minuta, sull’1 e 60, che dichiara 35 anni (realistici come soglia minima) e ha mantenuto la sua snellezza nonostante le gravidanze, con un viso ovale gradevole un po’ lungo non privo delle tracce dell’età, occhi nocciola, capelli castani lisci lunghi. L’indumento più arrapante che indossa è un accessorio fetish tipo una calza-stivale di pelle nera a mezza coscia che le scopre il culo, proporzionato ma non striminzito, che poi avrò modo di palpeggiare.
Fa il pompino coperto per 20, scoperto per 50, il boccafiga coperto per 30, il culo in macchina per 50, l’albergo per 100 (mezzora), per 150 comprensivo di anale e possibilità di fermarsi 45 minuti.
È una chiacchierona schietta e sicura di sé, simpatica in senso estroverso. Alla fine non manca di approfittare di uno dei passaggi a casa più lunghi della mia storia stradale, 12 chilometri, fortunatamente in direzione Milano, in cui, con la sua voce arrochita dal fumo, mi racconta ampiamente di sé, delle sue origini albanesi, della sua lunga permanenza in Italia, fa le sue osservazioni su italiani del nord e del sud (tesse un elogio invero non originalissimo dei napoletani generosi e cordiali) o sull’inferire della crisi economica. Consapevole del paradosso, sentenzia pure che c’è troppa immigrazione!
L’imbosco non esiste (o almeno non vi ricorre per il solo pompino): ci allontaniamo dalla ex statale, in una vietta senza passaggio almeno durante la nostra permanenza, ma in zona abitata, esposti perché semplicemente accostiamo a bordo strada.
Il pompino protetto che le chiedo non è opera d’arte, ma di abile artigianato, affinato dall’esperienza. Non si spoglia e attacca senza ulteriori preliminari. Non usa le mani se non per reggere l’uccello e solleticare lo scroto. La presa è sensibile e l’insalivazione buona, con il piacevole basso continuo dei suoi sonori risucchi. Il saliscendi è effettuato in torsione della bocca rispetto all’asta. Le variazioni consistono soprattutto nell’accelerazione progressiva della ciucciata. Non manifesta insofferenza di fronte al passare del tempo. Non stacca prematuramente e lascia completare l’orgasmo.
Il Naviglio pavese sarà costretto a servire ad una delle funzioni meno gloriose, ahimè, della sua storia plurisecolare. Collezionando incontro dopo incontro i modi più sordidamente fantasiosi di smaltire i rifiuti dell’amore, vedo anch’io operante la soluzione di cui finora avevo soltanto letto, in un recente racconto del praestantissimus vir dominus Porcellinus. Quando passiamo sul ponticello che ci riporta alla sua stazione di sosta, Anna apre con nonchalance il finestrino e affida ai flutti cerulei il fagotto di fazzolettini asciutti e umidi, lattice e sborra, che adesso mi figuro in romantico galleggiamento verso il mare.
È una giovane donna minuta, sull’1 e 60, che dichiara 35 anni (realistici come soglia minima) e ha mantenuto la sua snellezza nonostante le gravidanze, con un viso ovale gradevole un po’ lungo non privo delle tracce dell’età, occhi nocciola, capelli castani lisci lunghi. L’indumento più arrapante che indossa è un accessorio fetish tipo una calza-stivale di pelle nera a mezza coscia che le scopre il culo, proporzionato ma non striminzito, che poi avrò modo di palpeggiare.
Fa il pompino coperto per 20, scoperto per 50, il boccafiga coperto per 30, il culo in macchina per 50, l’albergo per 100 (mezzora), per 150 comprensivo di anale e possibilità di fermarsi 45 minuti.
È una chiacchierona schietta e sicura di sé, simpatica in senso estroverso. Alla fine non manca di approfittare di uno dei passaggi a casa più lunghi della mia storia stradale, 12 chilometri, fortunatamente in direzione Milano, in cui, con la sua voce arrochita dal fumo, mi racconta ampiamente di sé, delle sue origini albanesi, della sua lunga permanenza in Italia, fa le sue osservazioni su italiani del nord e del sud (tesse un elogio invero non originalissimo dei napoletani generosi e cordiali) o sull’inferire della crisi economica. Consapevole del paradosso, sentenzia pure che c’è troppa immigrazione!
L’imbosco non esiste (o almeno non vi ricorre per il solo pompino): ci allontaniamo dalla ex statale, in una vietta senza passaggio almeno durante la nostra permanenza, ma in zona abitata, esposti perché semplicemente accostiamo a bordo strada.
Il pompino protetto che le chiedo non è opera d’arte, ma di abile artigianato, affinato dall’esperienza. Non si spoglia e attacca senza ulteriori preliminari. Non usa le mani se non per reggere l’uccello e solleticare lo scroto. La presa è sensibile e l’insalivazione buona, con il piacevole basso continuo dei suoi sonori risucchi. Il saliscendi è effettuato in torsione della bocca rispetto all’asta. Le variazioni consistono soprattutto nell’accelerazione progressiva della ciucciata. Non manifesta insofferenza di fronte al passare del tempo. Non stacca prematuramente e lascia completare l’orgasmo.
Il Naviglio pavese sarà costretto a servire ad una delle funzioni meno gloriose, ahimè, della sua storia plurisecolare. Collezionando incontro dopo incontro i modi più sordidamente fantasiosi di smaltire i rifiuti dell’amore, vedo anch’io operante la soluzione di cui finora avevo soltanto letto, in un recente racconto del praestantissimus vir dominus Porcellinus. Quando passiamo sul ponticello che ci riporta alla sua stazione di sosta, Anna apre con nonchalance il finestrino e affida ai flutti cerulei il fagotto di fazzolettini asciutti e umidi, lattice e sborra, che adesso mi figuro in romantico galleggiamento verso il mare.