Questo è il tipo di letture che mi appassiona: le testimonianze crude, dirette, che non hanno paura di sporcare la moralità o il perbenismo delle persone. Letture che, alla fine, mi rendono capace di vedere oltre, oltre la luce e anche al di là del buio.
Giacomo Sgambato si concede un po’ come una prostituta alla mercé di noi lettori, curiosi e affamati di sapere, così come ha fame il mercenario del sesso, così come ha voglia colui che cerca le lucciole nella notte più buia per un po’ di calore, per qualche gioco perverso, per un numero di approcci, di calore umano.
Con la sua penna cruda e pregna di realismo, Sgambato diventa uno specchio che riflette la propria immagine all’infinito, e in ogni riflesso traspare un frammento della nostra esistenza, della nostra società; della nostra cultura. Con una prosa davvero onesta e brutalmente reale, mi ha mostrato la crudezza, la tenerezza, la malinconia di quella realtà che spesso fingiamo di non vedere.
L’autore parla di prostituzione restituendoci testimonianze vere e sincere, ma condanna fermamente la tratta di esseri umani, quella piaga oscena, un crimine che lacera le vite e riduce la dignità a merce. Il suo è un punto fermo etico e morale invalicabile.
Eppure, dentro questo orrore, l’autore ha il coraggio di distinguere e di restituire voce a quelle donne e a quegli uomini che hanno scelto, o si sono ritrovati a scegliere, la prostituzione come mestiere. Non per giustificare, condannare, disprezzare o cercare chissà quale redenzione, ma per raccontare.
Il bello di questo racconto sta nella sua duplice forma: da un lato appare come un saggio, fatto di riflessioni, statistiche, citazioni, storia sociale; dall’altro si spalanca come una confessione umana, vulnerabile, dove l’autore non ha timore di mostrarsi con ironia, goffaggine e tanta malinconia. Questa dualità narrativa dà potere al libro: ragiona, analizza, confronta e confessa.
Leggendolo, mi sono davvero divertita e affascinata. Ho provato emozioni contrastanti e profonde. Ho riso davanti ad alcune scene paradossali, ho provato dolcezza davanti a certe figure femminili che emergono con forza, ho sentito la nostalgica voce dei ricordi adolescenziali. Ma, soprattutto, mi sono sentita tanto fragile.
Fragile come donna, perché ho riconosciuto in quelle ragazze della notte non solo la pelle esposta, ma la loro capacità di trasformare la propria debolezza in mestiere, in potere, in resilienza e sopravvivenza.
Fragile come essere umano, perché ho rivisto in loro e nei clienti la stessa fame d’amore, lo stesso bisogno disperato di essere visti, accarezzati, riconosciuti, almeno per un attimo. Mi sono sentita rappresentata nel bisogno essenziale di non essere giudicata, di poter mostrare anche le parti più nude e vulnerabili di me stessa senza temere lo sguardo degli altri.
Mi sono riconosciuta nella solitudine che attraversa ogni pagina: una solitudine che non è solo quella dell’autore o delle operatrici del sesso, ma che appartiene a tutti noi, quell’abisso silenzioso che cerchiamo disperatamente di colmare con suoni, affetti precari, carezze improvvisate. Ci sono momenti di bellezza estrema, quando la tenerezza rompe la brutalità: l’incontro con la ragazza che sembra quasi aprire uno spiraglio di amore autentico, le parole recitate come un menù con una teatralità comica e crudele, i ricordi di un’infanzia solitaria.
In queste pagine non ho letto solo il racconto di un uomo che frequenta prostitute, ma il ritratto universale di chi cerca disperatamente un modo per sentirsi meno solo. La forza della penna di Sgambato sta proprio nel farci vedere che la prostituzione non è un mondo altro, un angolo separato, ma una realtà che coesiste con le strade che percorriamo, con i silenzi che viviamo, con i desideri che osiamo confessare. La prostituzione non è altrove: è qui, e forse è più vicina di quanto pensiamo.
Ciò che rende il libro unico è anche la capacità di restituire dignità ai protagonisti della storia senza cadere nella pietà facile. Ogni testimonianza diventa un ritratto di resilienza, un racconto di vite spezzate ma non piegate, un invito a guardare l’umanità al di là del giudizio. Ogni donna, ogni uomo, anche nei momenti più oscuri della loro esistenza, ci insegna qualcosa di fondamentale: che la forza e la fragilità possono coesistere in un equilibrio doloroso ma vero.
Per questo credo che tutti dovrebbero leggere questo libro: chi è pronto a mettere in discussione i propri pregiudizi, chi non ha paura di guardarsi davvero dentro, chi vuole capire il bisogno d’amore che ci attraversa come individui e come società. Non è un libro per uomini che vanno a prostitute: è un testo per chiunque abbia conosciuto la solitudine, per chiunque abbia cercato amore nei luoghipiù improbabili, per chiunque sappia che la vulnerabilità non è debolezza, ma la parte più autentica dell’essere umano.
Alla fine della lettura mi sono sentita esposta, vera. Le ragazze della notte non sono ombre lontane: sono sorelle segrete, donne che vivono sul confine tra sogno e sofferenza, figure che ci obbligano a guardare la nostra stessa nudità interiore. Se qualcuno mi chiedesse chi sono davvero queste donne, risponderei così: sono specchi. Ci restituiscono la nostra fame d’amore, ci ricordano che non siamo liberi dai nostri desideri, ma ci fanno vedere quanto siamo fragili e, proprio per questo, quanto siamo umani. La prostituzione non è un altro mondo: è il nostro stesso mondo che ci guarda negli occhi, senza mentire.
E mentre chiudo il libro, sento che ciò che ho letto rimarrà dentro di me come una scia luminosa e dolorosa insieme. Ogni pagina mi ha fatto riflettere sulle contraddizioni della vita, sui desideri nascosti, sulle fragilità che ci attraversano. Ho visto la disperazione trasformarsi in sopravvivenza, la solitudine in desiderio di contatto, il vuoto in ricerca di affetto. Ho capito che la prostituzione non è solo un mestiere: è una lente attraverso cui possiamo osservare la nostra società, i nostri limiti, le nostre paure e la nostra capacità di empatia.
Non ci sono giudizi, non ci sono condanne: c’è solo la realtà, nuda e cruda, con tutta la sua complessità. E in questa complessità, Sgambato riesce a mostrarci anche la bellezza, quella fragile, effimera bellezza che nasce dalla sopravvivenza, dall’incontro umano e dalla capacità di resistere alla solitudine. Leggere questo libro è un’esperienza intensa, che ti scuote dentro e ti fa sentire vivo, vulnerabile e capace di vedere la verità dietro le apparenze.
Quante volte, guidando la mia auto a Roma sulla Salaria, o in zona Eur o Portuense, o vicino alla Piramide, le vedevo: ragazze della notte, al freddo, con abiti succinti, belle come farfalle sospese nell’oscurità. Le auto in fila, da quelle di lusso a quelle stanche, pronte da rottamare, formavano un tappeto di luci che rendeva tutto più irreale, quasi sacro.
Quelle ragazze erano un faro nella notte per chi cercava piccoli attimi di contatto umano: che fosse solo sesso o compagnia, poco importava.
Era affascinante osservare come tutto ciò che di giorno sembra misurato, normale, morale, di notte abbia il coraggio di essere sé stesso.
La notte concede verità che il giorno non osa: il desiderio, la fragilità, la bellezza fragile come una farfalla che si posa sul bordo della strada. In quel breve lampo, ogni auto, ogni sguardo, ogni gesto sembra un tentativo di dire: “Esisto, e sono reale, anche se per un attimo”.
E io guidavo, spettatrice e parte di quella scena, catturando ogni luce, ogni movimento, ogni piccolo miracolo di coraggio e libertà. La notte ha il coraggio che il giorno non ha; e guardare quella bellezza sospesa, fragile e audace, è un promemoria potente: c’è vita anche negli spigoli più freddi della città e a volte basta accorgersene per sentire un fremito umano che attraversa l’oscurità.
Grazie all’autore per il suo coraggio, la sua sincerità e per il modo incredibile in cui ha raccontato la storia delle ragazze della notte con una crudezza magistrale ha reso la verità poesia.
Les fleurs du mal- Blog letterario
Non più andrai farfallina amorosa
Giacomo Sgambato si concede un po’ come una prostituta alla mercé di noi lettori, curiosi e affamati di sapere, così come ha fame il mercenario del sesso, così come ha voglia colui che cerca le lucciole nella notte più buia per un po’ di calore, per qualche gioco perverso, per un numero di approcci, di calore umano.
Con la sua penna cruda e pregna di realismo, Sgambato diventa uno specchio che riflette la propria immagine all’infinito, e in ogni riflesso traspare un frammento della nostra esistenza, della nostra società; della nostra cultura. Con una prosa davvero onesta e brutalmente reale, mi ha mostrato la crudezza, la tenerezza, la malinconia di quella realtà che spesso fingiamo di non vedere.
L’autore parla di prostituzione restituendoci testimonianze vere e sincere, ma condanna fermamente la tratta di esseri umani, quella piaga oscena, un crimine che lacera le vite e riduce la dignità a merce. Il suo è un punto fermo etico e morale invalicabile.
Eppure, dentro questo orrore, l’autore ha il coraggio di distinguere e di restituire voce a quelle donne e a quegli uomini che hanno scelto, o si sono ritrovati a scegliere, la prostituzione come mestiere. Non per giustificare, condannare, disprezzare o cercare chissà quale redenzione, ma per raccontare.
Il bello di questo racconto sta nella sua duplice forma: da un lato appare come un saggio, fatto di riflessioni, statistiche, citazioni, storia sociale; dall’altro si spalanca come una confessione umana, vulnerabile, dove l’autore non ha timore di mostrarsi con ironia, goffaggine e tanta malinconia. Questa dualità narrativa dà potere al libro: ragiona, analizza, confronta e confessa.
Leggendolo, mi sono davvero divertita e affascinata. Ho provato emozioni contrastanti e profonde. Ho riso davanti ad alcune scene paradossali, ho provato dolcezza davanti a certe figure femminili che emergono con forza, ho sentito la nostalgica voce dei ricordi adolescenziali. Ma, soprattutto, mi sono sentita tanto fragile.
Fragile come donna, perché ho riconosciuto in quelle ragazze della notte non solo la pelle esposta, ma la loro capacità di trasformare la propria debolezza in mestiere, in potere, in resilienza e sopravvivenza.
Fragile come essere umano, perché ho rivisto in loro e nei clienti la stessa fame d’amore, lo stesso bisogno disperato di essere visti, accarezzati, riconosciuti, almeno per un attimo. Mi sono sentita rappresentata nel bisogno essenziale di non essere giudicata, di poter mostrare anche le parti più nude e vulnerabili di me stessa senza temere lo sguardo degli altri.
Mi sono riconosciuta nella solitudine che attraversa ogni pagina: una solitudine che non è solo quella dell’autore o delle operatrici del sesso, ma che appartiene a tutti noi, quell’abisso silenzioso che cerchiamo disperatamente di colmare con suoni, affetti precari, carezze improvvisate. Ci sono momenti di bellezza estrema, quando la tenerezza rompe la brutalità: l’incontro con la ragazza che sembra quasi aprire uno spiraglio di amore autentico, le parole recitate come un menù con una teatralità comica e crudele, i ricordi di un’infanzia solitaria.
In queste pagine non ho letto solo il racconto di un uomo che frequenta prostitute, ma il ritratto universale di chi cerca disperatamente un modo per sentirsi meno solo. La forza della penna di Sgambato sta proprio nel farci vedere che la prostituzione non è un mondo altro, un angolo separato, ma una realtà che coesiste con le strade che percorriamo, con i silenzi che viviamo, con i desideri che osiamo confessare. La prostituzione non è altrove: è qui, e forse è più vicina di quanto pensiamo.
Ciò che rende il libro unico è anche la capacità di restituire dignità ai protagonisti della storia senza cadere nella pietà facile. Ogni testimonianza diventa un ritratto di resilienza, un racconto di vite spezzate ma non piegate, un invito a guardare l’umanità al di là del giudizio. Ogni donna, ogni uomo, anche nei momenti più oscuri della loro esistenza, ci insegna qualcosa di fondamentale: che la forza e la fragilità possono coesistere in un equilibrio doloroso ma vero.
Per questo credo che tutti dovrebbero leggere questo libro: chi è pronto a mettere in discussione i propri pregiudizi, chi non ha paura di guardarsi davvero dentro, chi vuole capire il bisogno d’amore che ci attraversa come individui e come società. Non è un libro per uomini che vanno a prostitute: è un testo per chiunque abbia conosciuto la solitudine, per chiunque abbia cercato amore nei luoghipiù improbabili, per chiunque sappia che la vulnerabilità non è debolezza, ma la parte più autentica dell’essere umano.
Alla fine della lettura mi sono sentita esposta, vera. Le ragazze della notte non sono ombre lontane: sono sorelle segrete, donne che vivono sul confine tra sogno e sofferenza, figure che ci obbligano a guardare la nostra stessa nudità interiore. Se qualcuno mi chiedesse chi sono davvero queste donne, risponderei così: sono specchi. Ci restituiscono la nostra fame d’amore, ci ricordano che non siamo liberi dai nostri desideri, ma ci fanno vedere quanto siamo fragili e, proprio per questo, quanto siamo umani. La prostituzione non è un altro mondo: è il nostro stesso mondo che ci guarda negli occhi, senza mentire.
E mentre chiudo il libro, sento che ciò che ho letto rimarrà dentro di me come una scia luminosa e dolorosa insieme. Ogni pagina mi ha fatto riflettere sulle contraddizioni della vita, sui desideri nascosti, sulle fragilità che ci attraversano. Ho visto la disperazione trasformarsi in sopravvivenza, la solitudine in desiderio di contatto, il vuoto in ricerca di affetto. Ho capito che la prostituzione non è solo un mestiere: è una lente attraverso cui possiamo osservare la nostra società, i nostri limiti, le nostre paure e la nostra capacità di empatia.
Non ci sono giudizi, non ci sono condanne: c’è solo la realtà, nuda e cruda, con tutta la sua complessità. E in questa complessità, Sgambato riesce a mostrarci anche la bellezza, quella fragile, effimera bellezza che nasce dalla sopravvivenza, dall’incontro umano e dalla capacità di resistere alla solitudine. Leggere questo libro è un’esperienza intensa, che ti scuote dentro e ti fa sentire vivo, vulnerabile e capace di vedere la verità dietro le apparenze.
Quante volte, guidando la mia auto a Roma sulla Salaria, o in zona Eur o Portuense, o vicino alla Piramide, le vedevo: ragazze della notte, al freddo, con abiti succinti, belle come farfalle sospese nell’oscurità. Le auto in fila, da quelle di lusso a quelle stanche, pronte da rottamare, formavano un tappeto di luci che rendeva tutto più irreale, quasi sacro.
Quelle ragazze erano un faro nella notte per chi cercava piccoli attimi di contatto umano: che fosse solo sesso o compagnia, poco importava.
Era affascinante osservare come tutto ciò che di giorno sembra misurato, normale, morale, di notte abbia il coraggio di essere sé stesso.
La notte concede verità che il giorno non osa: il desiderio, la fragilità, la bellezza fragile come una farfalla che si posa sul bordo della strada. In quel breve lampo, ogni auto, ogni sguardo, ogni gesto sembra un tentativo di dire: “Esisto, e sono reale, anche se per un attimo”.
E io guidavo, spettatrice e parte di quella scena, catturando ogni luce, ogni movimento, ogni piccolo miracolo di coraggio e libertà. La notte ha il coraggio che il giorno non ha; e guardare quella bellezza sospesa, fragile e audace, è un promemoria potente: c’è vita anche negli spigoli più freddi della città e a volte basta accorgersene per sentire un fremito umano che attraversa l’oscurità.
Grazie all’autore per il suo coraggio, la sua sincerità e per il modo incredibile in cui ha raccontato la storia delle ragazze della notte con una crudezza magistrale ha reso la verità poesia.
Les fleurs du mal- Blog letterario
Non più andrai farfallina amorosa