Riassunto semi-serio di una storia vera.
Dedicato a F.
C’era una volta un pulcino che abitava con i genitori in un pollaio vicino alla guardia, nel centro del paese della grande torta.
Era una bella famigliola e vivevano felici.
Ogni tanto i genitori portavano il pulcino a trovare i nonni che abitavano nel pollaio del castello, nel paese della pastasciutta.
In quel paese c’erano un sacco di altri pulcini che volevano che giocasse con loro ma lui sceglieva di starsene in disparte, solo soletto. A lui non piaceva giocare a pallone come agli altri; preferiva giocare con le bambole e per questo motivo veniva deriso da tutti.
I pulcini del paese andavano a scuola nella vicina città della grande torta con la corriera e, a volte, anche lui con loro. Passava un autista un po’ pierino che scendeva dalla cima dei coppi passando per il pineto e caricava tutti come se fossero figli suoi. E fu così per qualche anno.
Il tempo passava e il pulcino cresceva ed un bel giorno, tornando a casa trovò nella buca delle lettere una busta ma diversa dalle altre sulla quale c’era scritto E.I. con una stella. Lui subito pensò a Fonzie ma si sbagliò.
“Accipicchia e che ci sarà mai qui dentro?” Esclamò. Era indirizzata a lui e l’aprì in un attimo. C’era scritto che doveva andare nella città dei cappelli per fare una visita. Una mattina di buonora partì in treno e tornò a casa soltanto dopo 3 giorni. Nella città dei cappelli gli avevano detto che avrebbe dovuto recarsi al piccolo toro per un mese e che poi lo avrebbero destinato in un altro luogo per altri 11. L’unica penna che gli poteva essere concessa era quella scura fissata sul cappello verde.
Siccome la sua vita l’aveva sempre immaginata in modo totalmente differente, prese una decisione estremamente coraggiosa, soprattutto per un pulcino della sua età. Aveva già deciso da molto tempo ma quella forse era l’occasione giusta per agire.
Andò in banca e prelevò tutti i suoi risparmi; poi partì per una destinazione ignota ai più. Stette lontano da casa per diverso tempo e quando tornò quasi nessuno lo riconobbe. Era dimagrito tra le cosce ed aveva il petto gonfio; invece della cresta si era fatto crescere una lunga e folta chioma. “Acciderbola che stanga” esclamò qualcuno che non aveva ancora capito chi fosse; ma gli altri pulcini della sua età lo riconobbero subito e rimasero a becco aperto. Con qualcuno si confidò e disse che era stato in un ospedale per fare degli interventi di chirurgia plastica e per farsi togliere le uova. Alla fine della spiegazione capirono che il pulcino, crescendo, si era sentito cappone dentro e che da quel momento in poi, però, avrebbe voluto vivere da gallina, per non sentirsi un pollo per sempre e potendo anche scegliere in futuro se fare l’oca oppure la civetta e farsi tacchinare dai galli adulti. Le sue uniche due uova, mantenute in un apposito contenitore per la conservazione, nel frattempo si erano cristallizzate e le teneva custodite gelosamente per non dimenticare quel suo passato che non ha mai rinnegato.
E fu così che per non essere ulteriormente deriso dagli altri galletti idioti, se ne andò cambiando nome, lavoro, vita e città e da allora non ha più fatto ritorno.
Ovunque sia, speriamo che abbia trovato quella felicità e serenità che ha sempre cercato e che sicuramente merita.
Buona vita.
Dedicato a F.
C’era una volta un pulcino che abitava con i genitori in un pollaio vicino alla guardia, nel centro del paese della grande torta.
Era una bella famigliola e vivevano felici.
Ogni tanto i genitori portavano il pulcino a trovare i nonni che abitavano nel pollaio del castello, nel paese della pastasciutta.
In quel paese c’erano un sacco di altri pulcini che volevano che giocasse con loro ma lui sceglieva di starsene in disparte, solo soletto. A lui non piaceva giocare a pallone come agli altri; preferiva giocare con le bambole e per questo motivo veniva deriso da tutti.
I pulcini del paese andavano a scuola nella vicina città della grande torta con la corriera e, a volte, anche lui con loro. Passava un autista un po’ pierino che scendeva dalla cima dei coppi passando per il pineto e caricava tutti come se fossero figli suoi. E fu così per qualche anno.
Il tempo passava e il pulcino cresceva ed un bel giorno, tornando a casa trovò nella buca delle lettere una busta ma diversa dalle altre sulla quale c’era scritto E.I. con una stella. Lui subito pensò a Fonzie ma si sbagliò.
“Accipicchia e che ci sarà mai qui dentro?” Esclamò. Era indirizzata a lui e l’aprì in un attimo. C’era scritto che doveva andare nella città dei cappelli per fare una visita. Una mattina di buonora partì in treno e tornò a casa soltanto dopo 3 giorni. Nella città dei cappelli gli avevano detto che avrebbe dovuto recarsi al piccolo toro per un mese e che poi lo avrebbero destinato in un altro luogo per altri 11. L’unica penna che gli poteva essere concessa era quella scura fissata sul cappello verde.
Siccome la sua vita l’aveva sempre immaginata in modo totalmente differente, prese una decisione estremamente coraggiosa, soprattutto per un pulcino della sua età. Aveva già deciso da molto tempo ma quella forse era l’occasione giusta per agire.
Andò in banca e prelevò tutti i suoi risparmi; poi partì per una destinazione ignota ai più. Stette lontano da casa per diverso tempo e quando tornò quasi nessuno lo riconobbe. Era dimagrito tra le cosce ed aveva il petto gonfio; invece della cresta si era fatto crescere una lunga e folta chioma. “Acciderbola che stanga” esclamò qualcuno che non aveva ancora capito chi fosse; ma gli altri pulcini della sua età lo riconobbero subito e rimasero a becco aperto. Con qualcuno si confidò e disse che era stato in un ospedale per fare degli interventi di chirurgia plastica e per farsi togliere le uova. Alla fine della spiegazione capirono che il pulcino, crescendo, si era sentito cappone dentro e che da quel momento in poi, però, avrebbe voluto vivere da gallina, per non sentirsi un pollo per sempre e potendo anche scegliere in futuro se fare l’oca oppure la civetta e farsi tacchinare dai galli adulti. Le sue uniche due uova, mantenute in un apposito contenitore per la conservazione, nel frattempo si erano cristallizzate e le teneva custodite gelosamente per non dimenticare quel suo passato che non ha mai rinnegato.
E fu così che per non essere ulteriormente deriso dagli altri galletti idioti, se ne andò cambiando nome, lavoro, vita e città e da allora non ha più fatto ritorno.
Ovunque sia, speriamo che abbia trovato quella felicità e serenità che ha sempre cercato e che sicuramente merita.
Buona vita.
