Ecco ... qui c'è una parte della storia - per chi ha la pazienza di leggersela
A pochi giorni di distanza sono stati depositati in Corte di Cassazione e pubblicati sui numeri del 19 e del 27 luglio della Gazzetta Ufficiale due quesiti referendari, proposti da partiti di destra, che richiedono l’abrogazione, rispettivamente parziale e totale, della legge 20 febbraio 1958, n.75, nota come legge Merlin che dispone la chiusura delle case di tolleranza e l’introduzione di una serie di reati volti a contrastare lo sfruttamento, il favoreggiamento della prostituzione e la tratta.
Il primo quesito, presentato dal sindaco di Mogliano Veneto (Treviso) Giovanni Azzolini della Lega Nord, prevede l’abrogazione degli articoli.1, 2 e primi 3 commi dell’art. 3 della legge che impediscono l’apertura dei bordelli e la tolleranza da parte dei proprietari e dei gerenti della pratica di rapporti mercenari in locali aperti al pubblico. Questa proposta di referendum include anche la soppressione dell’art.7 relativo al divieto di registrazione delle donne che esercitano la prostituzione da parte delle autorità amministrative, sanitarie e di pubblica sicurezza.
Il secondo quesito, presentato da Matteo Iotti di Progetto Reggio (una lista civica di Reggio Emilia), dal compagno di partito Angelo Alessandri e da Luca Vezzani del Pdl cittadino, propone addirittura l’abrogazione totale della legge, ivi inclusi gli articoli 3 e 4 che sanzionano penalmente i reati di favoreggiamento, di sfruttamento e di tratta delle persone a fini di prostituzione (commi 6 e 7 dell’art 3). Certo quest’ultima condotta continuerà a configurarsi come reato in virtù dell’art. 601 e anche dell’art.600 del Codice Penale, riformati nel 2003
http://www.camera.it/parlam…, ma la fattispecie penale dello sfruttamento della prostituzione verrà completamente abrogata in caso di vittoria del referendum.
I due quesiti pongono, a mio parere, serie questioni di ammissibilità. Essi violano, infatti, palesemente la Convenzione ONU per la repressione della tratta degli esseri umani e dello sfruttamento della prostituzione adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite con risoluzione 317 (IV) del 2 dicembre 1949 ed entrata in vigore il 25 luglio 1951. La Convenzione è stata resa esecutiva dall’Italia con la Legge 23 novembre 1966, n. 1173 e ratificata in via definitiva nel 1980. Essa vieta tassativamente l’apertura dei bordelli. L’art.2 stabilisce, infatti, che le parti contraenti puniscano qualsiasi persona che “mantenga, diriga o amministri o contribuisca a finanziare una casa chiusa” o che “conceda o prenda in affitto, in tutto od in parte, un immobile o un altro luogo ai fini della prostituzione altrui”. L’art.1, poi, prevede, per gli Stati che l’hanno ratificata, l’obbligo di sanzionare penalmente qualsiasi forma di prossenetismo e ciò a prescindere dal consenso espresso dalla persona sfruttata.
Le Parti con la presente Convenzione convengono di punire qualsiasi persona che, per soddisfare le passioni altrui:
1) procura, adesca o rapisce al fine di avviare alla prostituzione un’altra persona anche se consenziente;
2) sfrutta la prostituzione di un’altra persona anche se consenziente.
E’ interessante riportare anche l’incipit del Preambolo della Convenzione, che dovrebbe ispirare le legislazioni dei Paesi firmatari e che afferma
che la prostituzione e il male che l’accompagna, vale a dire la tratta degli esseri umani ai fini della prostituzione, sono incompatibili con la dignità ed il valore della persona umana e mettono in pericolo il benessere dell’individuo, della famiglia e della comunità.
La legge Merlin recepisce le disposizioni della suddetta Convenzione.
Ora: l’art.75 della Costituzione stabilisce che “Non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali”, precisazione quest’ultima, che rinvia all’art.80 della nostra legge fondamentale: “ Le Camere autorizzano con legge la ratifica dei trattati internazionali che sono di natura politica, o prevedono arbitrati o regolamenti giudiziari, o importano variazioni del territorio od oneri alle finanze o modificazioni di leggi”. Le norme introdotte da trattati internazionali vincolano, per espressa previsione costituzionale , così come attuata dalla legge n. 131 del 2003, sia la potestà legislativa statale che quella regionale. Una legge statale o regionale, cioè, non può violare un trattato. Il primo comma dell’art.117 della Costituzione recita, infatti: “La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali”. Questi ultimi derivano dalle norme di diritto internazionale, previste dall’art. 10, ma anche dai trattati internazionali che siano stati recepiti mediante un ordine di esecuzione contenuto in una legge, proprio come è avvenuto per la Convenzione ONU del 1949 sulla tratta e la prostituzione.
Orbene: che effetto avrebbero i due referendum in questione se approvati? Abrogherebbero parzialmente o totalmente una legge ordinaria che si conforma alle prescrizioni sancite da una Convenzione ONU, violandola.