La mattina la sveglia ha un sapore diverso, oggi è domenica, non è il giorno della messa, ma comunque è il giorno del rito per me.
Colazione abbondante, non si sa mai. Meglio mettere energie dentro al corpo. Pranzo pasta in bianco. Giustamente solo 3 ore prima della partita. Poi due ore di digestione.
Inizia il rito, prendo il borsone, lo prepari con cura, due paia di scarpe, ciabatte, ricambio, abbigliamento tecnico, abbigliamento scaramantico, fasce fascette, elastici, pomata, olio e chiudi e parti.
Un ora prima al campo, lo guardi, è un campetto di periferia, di una provincia desolata. L’erba c’è solo quando è estate se il pensionato del paesello si sbatte per andare a irrigare. Oggi si gela, la metà campo all’ombra è un lungo lastrone di ghiaccio, l’altrà metà una fanghiglia infima e bastarda scongelata da un pallidissimo sole.
I compagni arrivano alla spicciolata, qualcuno non c’è, è sbronzo ancora dal sabato sera. I piani, se mai esistenti dell’allenatore sono sconvolti.
Entriamo nello spogliatoio.
Silenzio. C’è la formazione.
Oggi giochiamo così dice il mister consegnando le maglie. 1 xxx 2 xxx 3 xxx 4 xxx 5 xxx 6 xxx 7 xxx 8 xxx 9 xxx 10 xxx 11 CBamba. Ci vediamo fuori tra mezzora per il riscaldamento.
Ora sei solo con te stesso, anche se fai parte di una squadra. Il tuo rito ha inizio. Prima la crema, poi la fasciatura, poi ti vesti, sempre con lo stesso ordine. Ogni tuo compagno ha un rito diverso. Tutti rispettano il tuo.
Esci dallo spogliatoio, fa un freddo micidiale, ti senti ridicolo anche un pò pirla. Inizi il riscaldamento, il mister ti ripete le solite cose, le sai già. E’ sempre tutto uguale.
Iniziano ad arrivare gli spettatori, i veri irrudicibili. C’è la nonna del terzino, la zia del centravanti, la moglie della riserva del portiere che insulterà il titolare tutta la partita convinta che con suo marito si vinca sempre, 6 vecchietti che si spostano dal bar a fatica. Gli “esperti” sono loro. Memori delle loro gesta eroiche di quando giocavano e la “Prima Categoria” era come la serie B di adesso. Arriva ancora qualche genitore, una sorella e un amico. Totale 32 spettatori.
Si rientra negli spogliatoi, c’è l’appello, l’arbitro preso da smanie cristiane ci accoglie con un ambiguo “il Signore vale per tutti”. Storpia 4 cognomi chiede scusa e fa partire un fischio al chiuso che ti stordisce, per invitarci ad uscire.
Ora si inizia. La fascia dove gioco io è giusto sotto la tribuna degli esperti. Me ne sento di tutti i colori anche se questi dovrebbero essere i miei tifosi. Sbaglio uno stop davvero difficile, e mi insultano pesantamente. Colgono l’occasione per spolverare tutto l’albero genealogico, figlio di xxxxx, ecc ecc…
Il dito medio è il minimo che possa mostrargli.
Segnano gli altri, la fidanzata del portiere di riserva va in escandescenza. Gli esperti si scatenano. Il mister mi richiama, mi sposta un po’ più avanti. Modulo (e tifosi) iper offensivo. Subisco la terza entrata assassina in 5 minuti. Al prossimo calcio d’angolo arretrerò in difesa, e per la gioia di qualche otorino locale, il mio avversario avrà bisogno di cure da lui.
Giallo inevitabile.
Mancano dieci minuti e siamo sotto di uno a zero, ho l’occasione della vita, arriva una bella palla finalmente, calcio al volo di prima intenzione, miracolo del portiere. Merita un “cinque”. Sportivamente.
Poco dopo stessa storia, prendo palla, l’assassino col naso rotto, mi manca. Sono da solo tiro a colpo sicuro. Palo…..! Esprimo le mie rimostranze al Signore. Mi si avvicina l’arbitro minacciosamente….ma come? Il Signore vale per tutti no? Gli dico anticipando ogni sua azione. Mi grazie dal secondo giallo.
Mancano tre minuti, mi stendono in area, rigore netto.
Realizzato…un buon pareggio….
Quanto mi manca tutto questo ora che vedo il mio ginocchio coperto da una inequivocabile fasciatura.
Cbamba
Colazione abbondante, non si sa mai. Meglio mettere energie dentro al corpo. Pranzo pasta in bianco. Giustamente solo 3 ore prima della partita. Poi due ore di digestione.
Inizia il rito, prendo il borsone, lo prepari con cura, due paia di scarpe, ciabatte, ricambio, abbigliamento tecnico, abbigliamento scaramantico, fasce fascette, elastici, pomata, olio e chiudi e parti.
Un ora prima al campo, lo guardi, è un campetto di periferia, di una provincia desolata. L’erba c’è solo quando è estate se il pensionato del paesello si sbatte per andare a irrigare. Oggi si gela, la metà campo all’ombra è un lungo lastrone di ghiaccio, l’altrà metà una fanghiglia infima e bastarda scongelata da un pallidissimo sole.
I compagni arrivano alla spicciolata, qualcuno non c’è, è sbronzo ancora dal sabato sera. I piani, se mai esistenti dell’allenatore sono sconvolti.
Entriamo nello spogliatoio.
Silenzio. C’è la formazione.
Oggi giochiamo così dice il mister consegnando le maglie. 1 xxx 2 xxx 3 xxx 4 xxx 5 xxx 6 xxx 7 xxx 8 xxx 9 xxx 10 xxx 11 CBamba. Ci vediamo fuori tra mezzora per il riscaldamento.
Ora sei solo con te stesso, anche se fai parte di una squadra. Il tuo rito ha inizio. Prima la crema, poi la fasciatura, poi ti vesti, sempre con lo stesso ordine. Ogni tuo compagno ha un rito diverso. Tutti rispettano il tuo.
Esci dallo spogliatoio, fa un freddo micidiale, ti senti ridicolo anche un pò pirla. Inizi il riscaldamento, il mister ti ripete le solite cose, le sai già. E’ sempre tutto uguale.
Iniziano ad arrivare gli spettatori, i veri irrudicibili. C’è la nonna del terzino, la zia del centravanti, la moglie della riserva del portiere che insulterà il titolare tutta la partita convinta che con suo marito si vinca sempre, 6 vecchietti che si spostano dal bar a fatica. Gli “esperti” sono loro. Memori delle loro gesta eroiche di quando giocavano e la “Prima Categoria” era come la serie B di adesso. Arriva ancora qualche genitore, una sorella e un amico. Totale 32 spettatori.
Si rientra negli spogliatoi, c’è l’appello, l’arbitro preso da smanie cristiane ci accoglie con un ambiguo “il Signore vale per tutti”. Storpia 4 cognomi chiede scusa e fa partire un fischio al chiuso che ti stordisce, per invitarci ad uscire.
Ora si inizia. La fascia dove gioco io è giusto sotto la tribuna degli esperti. Me ne sento di tutti i colori anche se questi dovrebbero essere i miei tifosi. Sbaglio uno stop davvero difficile, e mi insultano pesantamente. Colgono l’occasione per spolverare tutto l’albero genealogico, figlio di xxxxx, ecc ecc…
Il dito medio è il minimo che possa mostrargli.
Segnano gli altri, la fidanzata del portiere di riserva va in escandescenza. Gli esperti si scatenano. Il mister mi richiama, mi sposta un po’ più avanti. Modulo (e tifosi) iper offensivo. Subisco la terza entrata assassina in 5 minuti. Al prossimo calcio d’angolo arretrerò in difesa, e per la gioia di qualche otorino locale, il mio avversario avrà bisogno di cure da lui.
Giallo inevitabile.
Mancano dieci minuti e siamo sotto di uno a zero, ho l’occasione della vita, arriva una bella palla finalmente, calcio al volo di prima intenzione, miracolo del portiere. Merita un “cinque”. Sportivamente.
Poco dopo stessa storia, prendo palla, l’assassino col naso rotto, mi manca. Sono da solo tiro a colpo sicuro. Palo…..! Esprimo le mie rimostranze al Signore. Mi si avvicina l’arbitro minacciosamente….ma come? Il Signore vale per tutti no? Gli dico anticipando ogni sua azione. Mi grazie dal secondo giallo.
Mancano tre minuti, mi stendono in area, rigore netto.
Realizzato…un buon pareggio….
Quanto mi manca tutto questo ora che vedo il mio ginocchio coperto da una inequivocabile fasciatura.
Cbamba
