Dalla fine degli anni novanta i vari Sindaci d'Italia, a causa di una inerzia del Parlamento Italiano nel varare una disposizione legislativa antiprostituzione stradale, hanno avuto delle invenzioni normative locali al fine di contrastare la suddetta attività per soddisfare certe richieste di alcuni concittadini spaventati da una non logica ed assurda cultura popolare che si può definire "Meretriciofobia". Tali provvedimenti, presi con il Codice della Strada e con leggi nazionali di pubblica amministrazione come le Ordinanze Sindacali ed i Regolamenti di Polizia Urbana, hanno imposto dei divieti riguardanti la prostituzione su strada in maniera indefinita e senza chiarire bene cosa si possa intendere per prostituta o mercimonio. Tali disposizioni, in questo modo, si sono sostituite in maniera palese alle norme nazionali, tanto da violarne i principi generali e risultare di conseguenza non lecite. Un tentativo di legalizzazione da parte del Governo Italiano è stato compiuto nel 2008 con un Decreto Legge, trasformato successivamente in legge, con il quale in via non tanto chiara, si dava ai Sindaci poteri vasti ed indeterminati al fine di contrastare certe situazioni di degrado reale o presunto come appunto è stato giudicato il meretricio su strada. Tali funzioni, poiché rientravano in una categoria fortemente illimitata di potere normativo a livello locale, hanno palesemente violato la Costituzione Italiana e di conseguenza la Corte Costituzionale ha riformato queste facoltà obbligando i vari borgomastri ad emanarli in maniera contingibile ed urgente nel rispetto dei principi generali dell'Ordinamento ed ha fatto ritornare gli stessi quasi ai medesimi livelli post Decreto Suddetto. In tal caso la prostituzione su strada può essere proibita solo se contrasta in maniera chiara con certe condizioni a danno della collettività.
Franco
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