Carissimi Cala e Copula, le pagine inedite de “Il mestiere di vivere” del Pavese le trovai pubblicate esattamente trent'anni orsono (era il Luglio del 1980) su un numero di una rivista di musica e cultura alternativa (MUSICA 80, appunto, tra l'altro, per Cala, nello stesso fascicolo si parlava di Joy Division, Cramps, Robert Fripp, Albert Ayler, il free punk, la scena eighties di San Francisco e via discorrendo), mentre gli aforismi postati da Ben Turpin appartengono alla versione pubblicata da Einaudi (editore che non si faceva remore a tagliare ciò che non gli garbava, successe anche con Adorno).
Se non faccio seguire l'integralità (anche se mi piacerebbe) dei testi inediti del nostro Cesare è per due principali motivi: il primo risiede nel fatto che riempirei almeno due/tre pagine, il secondo, più pregnante, emerge dalla crudezza delle parole, che, se postate su un forum (in questo caso mezzo freddo, considerando l'impossibilità di un contradditorio immediato e diretto) potrebbero urtare sensibilità di donne e uomini perchè vi traspare, a pelle, in superficie (se non si conosce l'opera ed i brandelli di vita dell'autore) la misoginia, l'astio nei confronti delle donne, ma anche nei confronti di se stesso e, per analogia dell'”essere” uomo, la sua inadeguatezza (nel suo caso, parossisticamente accentuata da non rari problemi di impotenza) e la presa di coscienza del disadattamento (“Non c'è cosa più amara che l'alba di un giorno in cui nulla accadrà. Non c'è cosa più amara che l'inutilità&rdquo

e del fallimento del rapportarsi con l'altro sesso, sebbene abbia avuto parecchie storie ed una discreta carriera di punter (...molte affezionate puttane..); rischierei di fargli un pessimo servigio, ed a noi con lui, si interpreterebbe solo una parte di quel meandro che era la sua complessa personalità...sì, rischierei proprio di mostrare solo il dito che però è intento ad indicare la luna.
Il suo fallimento, il suo dramma era porgersi in una prospettiva diversa da quella che ho scoperto in me, in altri punter conosciuti qui ed alle pay (donne con un valore aggiunto, come ho già scritto), conosciute qui e nel mondo che c'è là fuori, prospettiva che amo definire di “gioiosa consapevolezza”.
Bello sarebbe invece leggere queste pagine inedite tutti assieme, donne e uomini (del forum e non), accanto ad una tavola (della nostra piola) con ottimo vino e birre artigianali e sviscerare noi stessi con le lame delle sue parole.
Ecco il motivo per il quale di seguito inserirò le parole in cui l'invettiva lascia spazio ad un pur sempre asciutto (ecco l'asciuttezza, non aridità mi raccomando, della sua vergata, è un altro segno del suo dolore, in contrapposizione all'umidità, che permette sempre l'entrata, nel corpo sì, ma in particolar modo nella mente) ragionamento.
Vado cronologicamente a ritroso, perchè intendo iniziare con un simpatico aforisma ed una altrettanto bizzarra filastrocca (an lenga piemunteisa).
6 aprile 1940
Chi guarda una donna con occhio porcino/è come se avessero già fatto il pompino.
Quand me picio a dventa dur/pruma cossa a sbat giu 'l mur,/peoui se slanssa da la fnestra/perchè a sent l'odor de mnestra,/ fin ca treouva 'n tla ca 'n facia/una ciorgnia e 'ndrinta ai scracia.
Dla contrà tuti a lo guardo/dla contrà tuti a lo smicio/l'an mai vist 'n si bel picio.
19 gennaio 1938
Fin che tu avrai dei coglioni e le donne avranno un utero, non finirete di soffrire. E quando non gli avrete più, soffrirete perchè li avete avuti e vi sono stati tolti.
La vera festa per una donna non è andare a letto e godersi il membro – ma carezzare un tale e farsi accarezzare e montargli il capriccio e rifiutarsi. Questo piacere diventa poi delirante, se quel tale è disperatamente innamorato. E si capisce: chiavando si chiava e basta – una donna ha tutto da perdere; ma, troieggiando, si gode coi sensi, si asservisce l'uomo, si trionfa del suo desiderio, si cresce di valore sessuale e si sa che domani, volendo, si potrà sempre fottere. Cosa che per l'uomo non è altrettanto sicura.
15 gennaio 1938
Le donne mentono, mentono sempre e ad ogni costo. E non c'è da stupirsi: hanno la menzogna nei genitali stessi. Chi saprà mai quando una donna ha goduto?
Quant'è minchione l'uomo col suo membro enorme, rosso e scoperto, teso e palpabile, che eiacula al cospetto di Dio e lo si vede sputare e ricadere e afflosciarsi! Tra l'altro la natura femminile ha l'aria di una bocca che se la rida.
Lui fa tutto al di fuori, alla luce del sole; ma nella donna bisogna penetrare, frugare, e tutto accade nelle viscere, nelle radici della carne.
E poi quel sangue, quella vita che i forma, che matura subdola, segreta e tremenda.
Perchè è ridicola la storia dell'uomo gravido che guadagna il milione?
26 aprile 1936
Che centomila persone chiavino, e che al mondo non si sia mai fatto altro, diminuisce forse la gioia di chi – di me – sta chiavando? E che centomila abbiano avuto delusioni, diminuisce forse il dolore di chi viene deluso? Questa è shakespeariana.
La sola circostanza in cui una donna è inferiore a se stessa dev'essere proprio soltanto quando ha le mestruazioni. Chi conosce bene il calendarietto mensile di costei, sa sempre da che parte prenderla. Che è anche un doppio senso sporco – tanto meglio.
Scusate la lunghezza dell'intervento.
I'm not a number, I'm a free man!