Le ZONE UMIDE – stagione II – episodio 1 - “La debuttante”
Spesso mi chiedono che lavoro faccio.
Purtroppo non è semplice spiegarlo; ammesso che si possa spiegare liberamente......
Allora, per forza di cose, devo ricorrere a delle metafore.
Non c'è molta differenza tra me e una escort; anch'io lavoro solo su appuntamento, dal cliente, con discrezione e professionalità.
Ovviamente mi vengono richieste cose “particolari”, per le quali chiedo molte rose e, a volte, qualche “benefits”.
Questo mi permette di togliermi qualche soddisfazione e di pensare al domani in modo positivo.
Se devo essere sincero, questo lavoro non l'ho scelto io, ho meglio l'ho studiato, poi qualcuno mi ha messo una mano sulla spalla e mi ha detto : “ sei interessato a....”
Non tutto sono “rose” e fiori però.....
Ci sono anche le “spine”; spesso ci si punge e, qualche volta, bisogna sopportare anche qualche inconveniente.
L'Uomo è un animale molto adattabile e alla fine ci si adatta a tutto, magari con qualche sacrificio.
Quando sento qualcuno che mi dice : “Beato te che fai una vita così...”, mi viene prima da ridere, e poi una grande tristezza.
Non è semplice portare certi fardelli; avere 2 “vite”, una nel “mondo reale” e una nel “mondo parallelo” richiede sacrifici enormi e livelli di attenzione sempre elevati.
Per la maggior parte della gente che mi vedo attorno normalmente queste cose non esistono, o forse credono che esistono solo nel cinema.
Invece cari amici e amiche, non esistono solo le “Zone Umide”....
Esiste anche una “Zona Grigia” con persone reali, e spesso sono accanto a te.
In questa “Zona Grigia” oltre alle persone ci sono anche “professioni” che non esistono nel “mondo reale” e di cui la maggior parte della gente ne ignora completamente l'esistenza.
Ed è meglio così, per la propria e altrui sicurezza.....
Spesso il cinema e la televisione attingono a questa “Zona Grigia”; nella maggior parte dei casi è solo spettacolo, ma qualche “perla” qua e là esiste.
Per capire di cosa stiamo parlando qualche riferimento :
- Il Robert Redford in “I 3 giorni del condor”
- Michael Caine nella serie “Ipcress”, “Funerale a Berlino” etc.
- Segourney Weaver in “Mistery”
- Anne Parillaud in “Nikita”
- R. Redford e B. Pitt in “Spy Game”
- Matt Damon nella trilogia “The Bourne....”
e qualche altro film quasi sempre tratto da un best-seller di successo, ovviamente scritto da qualcuno che “conosce” bene la materia.
Tutti personaggi che “sembrano inventati” ma invece...... molto più reali di quello che credete.
Bene, quello che si poteva dire è stato fatto, ed ora andiamo ad incominciare.
PROLOGO – Qualche mese prima.......
Da circa 2 ore viaggiavamo su quella pista al limite dell'impraticabilità; eravamo partiti all'alba, in direzione nord, verso una zona che si trova tra il parco del Serengeti (ad est) e il Masai Mara National Reserve (ad ovest) su un vecchio ma ancora in buono stato Mercedes Unimog militare.
Per organizzare questo safari fotografico con Teresa e 3 coppie di nostri amici, avevo impiegato ben 3 settimane e non so quante telefonate ed e-mail ad amici e conoscenti in zona.
In Tanzania c'ero stato altre volte, ma sempre solo per la caccia; ma un safari fotografico è ben diverso da una battuta di caccia, sopratutto con partecipanti novellini.
Teresa era stata categorica : niente rischi inutili, in fondo erano solo fotografie.
Alla fine c'ero riuscito, e i primi 11 gg dei 14 previsti erano trascorsi piacevolmente; l'organizzazione si era dimostrata efficiente, il P.H. era uno bravo e “con la testa sulle spalle”.
Fin da subito gli avevo spiegato che non volevo rischi, a parte l'imponderabilità che c'è sempre da queste parti; solo io e Teresa avevamo un'esperienza (anche se in modo diverso) dell'Africa.
Tutti gli altri l'avevano sempre e solo vista in tv.
Dormire sotto una tenda nella savana non è come dormire in tenda in un campeggio; ma grazie al P.H. e a Bigfoot che spiegarono al gruppo quello che si può (o non si deve) fare, tutto era filato liscio.
Almeno fino a quel momento.
Ora però avevamo come obbiettivo sopravvivere all'autista africano che guidava l'Unimog ad un velocità folle su una pista impossibile.
Nella stretta cabina di guida, il P.H. sonnecchiava tranquillo come se nulla fosse, nonostante gli scossoni e il rumore del motore; noi invece eravamo tutti ammucchiati nel cassone, in compagnia di una guida Masai.
Teresa, rannicchiata accanto a me, si era avvolto il viso con una kefiah lasciando scoperti solo gli occhi mentre tutti gli altri si erano arresi alla polvere che entrava attraverso gli squarci del telone; solo il Masai, seduto in fondo al cassone sembrava assolutamente indifferente a tutto.
Aveva lo sguardo fisso rivolto verso la pianura del Serengeti e, probabilmente era concentrato su altri problemi.
Eravamo diretti verso una zona dove il P.H. ci aveva promesso uno spettacolo che difficilmente si vede in Africa, ed ancora più difficilmente avremmo dimenticato.
Teresa era preoccupata per la sua attrezzatura fotografica che aveva stivato in un piccolo zainetto da trekking, mentre io invece ero molto più preoccupato dell'ottica montata sulla mia CZ in .375 Holland & Holland.
L'arma, come tutte le armi dell'est, è rustica ma l'ottica è sempre il tallone d'Achille del sistema; e quest'ottica della Schmidt & Bender stava sopportando in questi giorni strapazzi che difficilmente la casa costruttrice aveva previsto.
Quando l'autista africano inchiodò, capimmo che eravamo arrivati; in realtà portò l'Unimog verso un gruppo di acacie dove parcheggiò all'ombra.
Immediatamente il P.H. e la guida Masai saltarono giù, spolverandosi dalla polvere color ocra della pista che si era depositata.
Poi scesi anch'io, aiutando quindi anche gli altri; mentre tutti preparavano le macchine fotografiche, io e il P.H. controllammo le armi; io per sicurezza aggiunsi la quarta cartuccia direttamente in camera della CZ.
Quattro colpi è meglio di tre dice spesso un mio amico e compagno di caccia; e qui eravamo in piena zona Big Five.....
Intanto la guida Masai e il P.H. si erano addentrati tra le erbe della savana, dove anche noi in fila indiana li seguimmo.
In lontananza si vedevano già le verdi colline del Ruanda dove si stavano ammassando alcuni nuvoloni temporaleschi; eravamo alla fine della stagione secca e la savana era di un colore giallo incredibile, ma era diventata anche come una gigantesca polveriera.
Se fosse arrivato un temporale bastava la sola caduta di un fulmine per incendiare tutta quell'erba secca.
E per noi a piedi sarebbero stati dolori....
Mentre ci incamminavamo dietro al P.H. e alla guida, dissi a Teresa di starmi vicino; al contrario del P.H. che sembrava assolutamente tranquillo, io ero già sul chi vive, ansia aumentata dal fatto di avere un branco di pivelli al seguito, ma sopratutto di avere con me la mia Piccola.
Il fatto che il P.H. si dimostrasse tranquillo era del tutto normale; era un ex-ufficiale dei Selous rodesiani (forze speciali) e a quell'ambiente era abituato da sempre; in quanto poi alla guida Masai... be i Masai e gli Eritrei sono i veri ed unici guerrieri africani.
Basta chiedere ai Boeri e agli Inglesi che li hanno avuti come avversari nel secolo scorso.
Non avevo un'idea di cosa stessero cercando la guida e il P.H., ma noi come brave paperelle gli andavamo dietro.
Intanto Teresa, da bravo medico, teneva sotto controllo il nostro gruppo; era lei che decideva quando bere, mangiare, fare pipì e popò mentre Bigfoot, con la sua notoria pazienza, sopportava.
Forse è anche per questo che preferisco cacciare da solo (o al massimo in compagnia di pochi altri fidati compagni).
Intanto i temporali sparsi all'orizzonte si erano raggruppati in unico fronte che avanzava verso le pianure (e verso di noi) e già si sentivano i primi tuoni.
La stagione delle grandi piogge stava per arrivare, e questo avrebbe rimesso in moto tutti gli animali e la flora.
Ad un certo punto la guida Masai si fermò, e girandosi verso il P.H. indicò un punto della savana davanti a noi.
Il P.H. davanti a me di una decina di metri, senza parlare e senza girarsi alzò la mano destra e chiuse il pugno; nel gergo militare significa che quelli che seguono devono immobilizzarsi immediatamente mantenendo la posizione.
Mi girai verso Teresa e prendendola per un braccio la bloccai; poi feci segno anche agli altri di fermarsi; +/- obbedirono tutti.
Guardai nella direzione dove guardavano la guida e il P.H. ma non vidi nulla; Teresa con la sua fidata Leica in mano mi guardò interrogandomi con gli occhi per capire cosa c'era.
Visto che non vedevo nulla, tirai fuori dal taschino il mio piccolo Steiner 8x22 e cominciai ha guardare tra le erbe.
Stavo cominciando ha spazientirmi, quando finalmente la vidi: si era mossa e il movimento aveva generato la mia attenzione (esattamente come mi aveva insegnato Linette anni prima).
Era un piccolo di gazzella di Grant di circa 1 anno : una dozzina di kg di peli e corna; brucava tra l'erba tranquilla, fino a quando qualcuno nel nostro gruppo fece un lieve rumore.
Immediatamente la gazzella rialzò la testa e schizzò verso un gruppo di alberi distanti un centinaio di metri.
Tutta quella strada per venire ha vedere una piccola gazzella ?
Mi stavo domandando il motivo che aveva mosso la guida Masai e il P.H., quando guardando verso il gruppo di alberi dove stava trottando la piccola gazzella, li vidi.
Erano 2 leoni, maschi, uno più anziano dell'altro; la piccola gazzella stava andando tranquilla nella loro direzione.
Sperai che si accorgesse dei 2 predatori accovacciati all'ombra tra i cespugli, ma lei niente; non mi andava di assistere ad un massacro e cominciai valutare se sparare un colpo in aria per cercare di salvarla, ma poi accadde l'incredibile.
Quando la gazzella fu a pochi metri dai 2 leoni, spiccò un salto ed andò ad accovacciarsi tra di loro.
Mentre il vecchio monarca spostava il suo testone per fargli spazio, l'altro leone si girò e cominciò ha leccare il musino della gazzella, quasi come un qualsiasi gattone di casa.
Ero allibito; in tante uscite in Africa non avevo mai visto una cosa del genere; mi girai verso Teresa e gli altri: tutti stavano scattando foto della scena.
Guardai verso la guida e il P.H. ; ecco perchè eravamo arrivati fino a qui; questa è una cosa talmente insolita che meritava un'uscita.
Ora la gazzella si era rialzata, e dopo essersi strusciata contro la criniera dei 2 leoni era ritornata ha brucare l'erba ingiallita davanti al covo.
Intanto vidi il P.H. controllare la direzione del vento, perchè ogni tanto arrivavano delle folate improvvise, e il nostro odore poteva mettere in allarme gli animali; il temporale, lentamente, si stava avvicinando, e presto grazie al vento che trasporta gli odori, tutti i predatori si sarebbero messi in movimento.
Avevo appena formulato questi pensieri che sentii dei rumori alla nostra sinistra; immediatamente la gazzella corse via andando ha nascondersi tra i 2 maschi.
Iniziai ha guardare, ma non si vedeva nulla; l'erba era troppo alta; in compenso i rumori indicavano che una grossa mandria di bufali cafri si era messa in marcia, e venivano dritti verso di noi.
Guardai il P.H. e lui, dopo essersi consultato con la guida, alzò la mano destra con l'indice alzato e lo fece ruotare; era il segno convenzionale dei militari che indica il ripiegamento.
Feci segno a Teresa ed agli altri che bisognava tornare indietro; non dissi altro, non volevo che si preoccupassero; avevamo una divisione corazzata alle nostre spalle che si muoveva nella nostra stessa direzione ed era inutile spaventare la gente.
Mentre il P.H. e la guida restavano in retroguardia, io riunii tutte le mie paperelle e c'incamminammo verso il luogo dove avevamo lasciato l'Unimog con l'autista; cominciai ha fare calcoli: avevamo impiegato 3 quarti d'ora da quando avevamo lasciato il veicolo per arrivare al covo dei 2 leoni; se impiegavamo lo stesso tempo, probabilmente i bufali ci avrebbero raggiunti; quindi senza dire nulla, aumentai il passo.
Purtroppo l'imprevisto è sempre in agguato e nel nostro caso fu il vento che cambiò più volte direzione portando il nostro odore in giro per la savana.
Difatti dopo una ventina di minuti che trottavamo veloci tra le erbacce, attraversando uno spiazzo notai un gruppo di leonesse con relativi cuccioli che ci guardavano; erano una decina, di varie età; probabilmente si erano mosse per lo stesso motivo nostro.
Avendo dietro i cuccioli, se ci mantenevamo a distanza e non manifestando aggressività nei loro confronti, probabilmente ci avrebbero fatto sfilare tranquillamente accanto a loro.
Forse.....
Ma in effetti fu così, in circa mezz'ora arrivammo all'Unimog; mentre mi stavo per congratulare con il P.H. e la guida per lo scampato pericolo, sentimmo dei miagoli e dei soffi tra le erbe vicino a noi.
Io ed il P.H. armammo i fucili; i miei amici era risaliti sul cassone, mentre Teresa era rimasta a terra per sistemare la sua attrezzatura fotografica nello zaino.
Maledizione !!
Il cassone aperto dell'Unimog non poteva offrire nessuna protezione da quei gattoni; mi girai e mi preparai ha fare fuoco assieme al P.H.
Avevamo solo una trentina di metri tra noi e la savana; ad un certo punto dalle erbacce sbucarono 3 leonesse, molto nervose.
Erano giovani e quindi con scarsa esperienza, ma comunque sempre molto temibili per un uomo, anche se armato.
Mi allontanai un poco dal P.H., per non averlo sulla mia linea di tiro; se c'erano solo quelle 3, potevamo considerarci in vantaggio su di loro; erano giovani ed inesperte.
Fu un ragionamento inutile, perchè dopo pochi minuti, sbucò dai cespugli la “matriarca”, “la vecchia”, quella che guidava il branco.
Ora eravamo veramente nei guai pensai........
Ho bisogno di esplorare e di sapere.... sempre.
Spesso mi chiedono che lavoro faccio.
Purtroppo non è semplice spiegarlo; ammesso che si possa spiegare liberamente......
Allora, per forza di cose, devo ricorrere a delle metafore.
Non c'è molta differenza tra me e una escort; anch'io lavoro solo su appuntamento, dal cliente, con discrezione e professionalità.
Ovviamente mi vengono richieste cose “particolari”, per le quali chiedo molte rose e, a volte, qualche “benefits”.
Questo mi permette di togliermi qualche soddisfazione e di pensare al domani in modo positivo.
Se devo essere sincero, questo lavoro non l'ho scelto io, ho meglio l'ho studiato, poi qualcuno mi ha messo una mano sulla spalla e mi ha detto : “ sei interessato a....”
Non tutto sono “rose” e fiori però.....
Ci sono anche le “spine”; spesso ci si punge e, qualche volta, bisogna sopportare anche qualche inconveniente.
L'Uomo è un animale molto adattabile e alla fine ci si adatta a tutto, magari con qualche sacrificio.
Quando sento qualcuno che mi dice : “Beato te che fai una vita così...”, mi viene prima da ridere, e poi una grande tristezza.
Non è semplice portare certi fardelli; avere 2 “vite”, una nel “mondo reale” e una nel “mondo parallelo” richiede sacrifici enormi e livelli di attenzione sempre elevati.
Per la maggior parte della gente che mi vedo attorno normalmente queste cose non esistono, o forse credono che esistono solo nel cinema.
Invece cari amici e amiche, non esistono solo le “Zone Umide”....
Esiste anche una “Zona Grigia” con persone reali, e spesso sono accanto a te.
In questa “Zona Grigia” oltre alle persone ci sono anche “professioni” che non esistono nel “mondo reale” e di cui la maggior parte della gente ne ignora completamente l'esistenza.
Ed è meglio così, per la propria e altrui sicurezza.....
Spesso il cinema e la televisione attingono a questa “Zona Grigia”; nella maggior parte dei casi è solo spettacolo, ma qualche “perla” qua e là esiste.
Per capire di cosa stiamo parlando qualche riferimento :
- Il Robert Redford in “I 3 giorni del condor”
- Michael Caine nella serie “Ipcress”, “Funerale a Berlino” etc.
- Segourney Weaver in “Mistery”
- Anne Parillaud in “Nikita”
- R. Redford e B. Pitt in “Spy Game”
- Matt Damon nella trilogia “The Bourne....”
e qualche altro film quasi sempre tratto da un best-seller di successo, ovviamente scritto da qualcuno che “conosce” bene la materia.
Tutti personaggi che “sembrano inventati” ma invece...... molto più reali di quello che credete.
Bene, quello che si poteva dire è stato fatto, ed ora andiamo ad incominciare.
PROLOGO – Qualche mese prima.......
Da circa 2 ore viaggiavamo su quella pista al limite dell'impraticabilità; eravamo partiti all'alba, in direzione nord, verso una zona che si trova tra il parco del Serengeti (ad est) e il Masai Mara National Reserve (ad ovest) su un vecchio ma ancora in buono stato Mercedes Unimog militare.
Per organizzare questo safari fotografico con Teresa e 3 coppie di nostri amici, avevo impiegato ben 3 settimane e non so quante telefonate ed e-mail ad amici e conoscenti in zona.
In Tanzania c'ero stato altre volte, ma sempre solo per la caccia; ma un safari fotografico è ben diverso da una battuta di caccia, sopratutto con partecipanti novellini.
Teresa era stata categorica : niente rischi inutili, in fondo erano solo fotografie.
Alla fine c'ero riuscito, e i primi 11 gg dei 14 previsti erano trascorsi piacevolmente; l'organizzazione si era dimostrata efficiente, il P.H. era uno bravo e “con la testa sulle spalle”.
Fin da subito gli avevo spiegato che non volevo rischi, a parte l'imponderabilità che c'è sempre da queste parti; solo io e Teresa avevamo un'esperienza (anche se in modo diverso) dell'Africa.
Tutti gli altri l'avevano sempre e solo vista in tv.
Dormire sotto una tenda nella savana non è come dormire in tenda in un campeggio; ma grazie al P.H. e a Bigfoot che spiegarono al gruppo quello che si può (o non si deve) fare, tutto era filato liscio.
Almeno fino a quel momento.
Ora però avevamo come obbiettivo sopravvivere all'autista africano che guidava l'Unimog ad un velocità folle su una pista impossibile.
Nella stretta cabina di guida, il P.H. sonnecchiava tranquillo come se nulla fosse, nonostante gli scossoni e il rumore del motore; noi invece eravamo tutti ammucchiati nel cassone, in compagnia di una guida Masai.
Teresa, rannicchiata accanto a me, si era avvolto il viso con una kefiah lasciando scoperti solo gli occhi mentre tutti gli altri si erano arresi alla polvere che entrava attraverso gli squarci del telone; solo il Masai, seduto in fondo al cassone sembrava assolutamente indifferente a tutto.
Aveva lo sguardo fisso rivolto verso la pianura del Serengeti e, probabilmente era concentrato su altri problemi.
Eravamo diretti verso una zona dove il P.H. ci aveva promesso uno spettacolo che difficilmente si vede in Africa, ed ancora più difficilmente avremmo dimenticato.
Teresa era preoccupata per la sua attrezzatura fotografica che aveva stivato in un piccolo zainetto da trekking, mentre io invece ero molto più preoccupato dell'ottica montata sulla mia CZ in .375 Holland & Holland.
L'arma, come tutte le armi dell'est, è rustica ma l'ottica è sempre il tallone d'Achille del sistema; e quest'ottica della Schmidt & Bender stava sopportando in questi giorni strapazzi che difficilmente la casa costruttrice aveva previsto.
Quando l'autista africano inchiodò, capimmo che eravamo arrivati; in realtà portò l'Unimog verso un gruppo di acacie dove parcheggiò all'ombra.
Immediatamente il P.H. e la guida Masai saltarono giù, spolverandosi dalla polvere color ocra della pista che si era depositata.
Poi scesi anch'io, aiutando quindi anche gli altri; mentre tutti preparavano le macchine fotografiche, io e il P.H. controllammo le armi; io per sicurezza aggiunsi la quarta cartuccia direttamente in camera della CZ.
Quattro colpi è meglio di tre dice spesso un mio amico e compagno di caccia; e qui eravamo in piena zona Big Five.....
Intanto la guida Masai e il P.H. si erano addentrati tra le erbe della savana, dove anche noi in fila indiana li seguimmo.
In lontananza si vedevano già le verdi colline del Ruanda dove si stavano ammassando alcuni nuvoloni temporaleschi; eravamo alla fine della stagione secca e la savana era di un colore giallo incredibile, ma era diventata anche come una gigantesca polveriera.
Se fosse arrivato un temporale bastava la sola caduta di un fulmine per incendiare tutta quell'erba secca.
E per noi a piedi sarebbero stati dolori....
Mentre ci incamminavamo dietro al P.H. e alla guida, dissi a Teresa di starmi vicino; al contrario del P.H. che sembrava assolutamente tranquillo, io ero già sul chi vive, ansia aumentata dal fatto di avere un branco di pivelli al seguito, ma sopratutto di avere con me la mia Piccola.
Il fatto che il P.H. si dimostrasse tranquillo era del tutto normale; era un ex-ufficiale dei Selous rodesiani (forze speciali) e a quell'ambiente era abituato da sempre; in quanto poi alla guida Masai... be i Masai e gli Eritrei sono i veri ed unici guerrieri africani.
Basta chiedere ai Boeri e agli Inglesi che li hanno avuti come avversari nel secolo scorso.
Non avevo un'idea di cosa stessero cercando la guida e il P.H., ma noi come brave paperelle gli andavamo dietro.
Intanto Teresa, da bravo medico, teneva sotto controllo il nostro gruppo; era lei che decideva quando bere, mangiare, fare pipì e popò mentre Bigfoot, con la sua notoria pazienza, sopportava.
Forse è anche per questo che preferisco cacciare da solo (o al massimo in compagnia di pochi altri fidati compagni).
Intanto i temporali sparsi all'orizzonte si erano raggruppati in unico fronte che avanzava verso le pianure (e verso di noi) e già si sentivano i primi tuoni.
La stagione delle grandi piogge stava per arrivare, e questo avrebbe rimesso in moto tutti gli animali e la flora.
Ad un certo punto la guida Masai si fermò, e girandosi verso il P.H. indicò un punto della savana davanti a noi.
Il P.H. davanti a me di una decina di metri, senza parlare e senza girarsi alzò la mano destra e chiuse il pugno; nel gergo militare significa che quelli che seguono devono immobilizzarsi immediatamente mantenendo la posizione.
Mi girai verso Teresa e prendendola per un braccio la bloccai; poi feci segno anche agli altri di fermarsi; +/- obbedirono tutti.
Guardai nella direzione dove guardavano la guida e il P.H. ma non vidi nulla; Teresa con la sua fidata Leica in mano mi guardò interrogandomi con gli occhi per capire cosa c'era.
Visto che non vedevo nulla, tirai fuori dal taschino il mio piccolo Steiner 8x22 e cominciai ha guardare tra le erbe.
Stavo cominciando ha spazientirmi, quando finalmente la vidi: si era mossa e il movimento aveva generato la mia attenzione (esattamente come mi aveva insegnato Linette anni prima).
Era un piccolo di gazzella di Grant di circa 1 anno : una dozzina di kg di peli e corna; brucava tra l'erba tranquilla, fino a quando qualcuno nel nostro gruppo fece un lieve rumore.
Immediatamente la gazzella rialzò la testa e schizzò verso un gruppo di alberi distanti un centinaio di metri.
Tutta quella strada per venire ha vedere una piccola gazzella ?
Mi stavo domandando il motivo che aveva mosso la guida Masai e il P.H., quando guardando verso il gruppo di alberi dove stava trottando la piccola gazzella, li vidi.
Erano 2 leoni, maschi, uno più anziano dell'altro; la piccola gazzella stava andando tranquilla nella loro direzione.
Sperai che si accorgesse dei 2 predatori accovacciati all'ombra tra i cespugli, ma lei niente; non mi andava di assistere ad un massacro e cominciai valutare se sparare un colpo in aria per cercare di salvarla, ma poi accadde l'incredibile.
Quando la gazzella fu a pochi metri dai 2 leoni, spiccò un salto ed andò ad accovacciarsi tra di loro.
Mentre il vecchio monarca spostava il suo testone per fargli spazio, l'altro leone si girò e cominciò ha leccare il musino della gazzella, quasi come un qualsiasi gattone di casa.
Ero allibito; in tante uscite in Africa non avevo mai visto una cosa del genere; mi girai verso Teresa e gli altri: tutti stavano scattando foto della scena.
Guardai verso la guida e il P.H. ; ecco perchè eravamo arrivati fino a qui; questa è una cosa talmente insolita che meritava un'uscita.
Ora la gazzella si era rialzata, e dopo essersi strusciata contro la criniera dei 2 leoni era ritornata ha brucare l'erba ingiallita davanti al covo.
Intanto vidi il P.H. controllare la direzione del vento, perchè ogni tanto arrivavano delle folate improvvise, e il nostro odore poteva mettere in allarme gli animali; il temporale, lentamente, si stava avvicinando, e presto grazie al vento che trasporta gli odori, tutti i predatori si sarebbero messi in movimento.
Avevo appena formulato questi pensieri che sentii dei rumori alla nostra sinistra; immediatamente la gazzella corse via andando ha nascondersi tra i 2 maschi.
Iniziai ha guardare, ma non si vedeva nulla; l'erba era troppo alta; in compenso i rumori indicavano che una grossa mandria di bufali cafri si era messa in marcia, e venivano dritti verso di noi.
Guardai il P.H. e lui, dopo essersi consultato con la guida, alzò la mano destra con l'indice alzato e lo fece ruotare; era il segno convenzionale dei militari che indica il ripiegamento.
Feci segno a Teresa ed agli altri che bisognava tornare indietro; non dissi altro, non volevo che si preoccupassero; avevamo una divisione corazzata alle nostre spalle che si muoveva nella nostra stessa direzione ed era inutile spaventare la gente.
Mentre il P.H. e la guida restavano in retroguardia, io riunii tutte le mie paperelle e c'incamminammo verso il luogo dove avevamo lasciato l'Unimog con l'autista; cominciai ha fare calcoli: avevamo impiegato 3 quarti d'ora da quando avevamo lasciato il veicolo per arrivare al covo dei 2 leoni; se impiegavamo lo stesso tempo, probabilmente i bufali ci avrebbero raggiunti; quindi senza dire nulla, aumentai il passo.
Purtroppo l'imprevisto è sempre in agguato e nel nostro caso fu il vento che cambiò più volte direzione portando il nostro odore in giro per la savana.
Difatti dopo una ventina di minuti che trottavamo veloci tra le erbacce, attraversando uno spiazzo notai un gruppo di leonesse con relativi cuccioli che ci guardavano; erano una decina, di varie età; probabilmente si erano mosse per lo stesso motivo nostro.
Avendo dietro i cuccioli, se ci mantenevamo a distanza e non manifestando aggressività nei loro confronti, probabilmente ci avrebbero fatto sfilare tranquillamente accanto a loro.
Forse.....
Ma in effetti fu così, in circa mezz'ora arrivammo all'Unimog; mentre mi stavo per congratulare con il P.H. e la guida per lo scampato pericolo, sentimmo dei miagoli e dei soffi tra le erbe vicino a noi.
Io ed il P.H. armammo i fucili; i miei amici era risaliti sul cassone, mentre Teresa era rimasta a terra per sistemare la sua attrezzatura fotografica nello zaino.
Maledizione !!
Il cassone aperto dell'Unimog non poteva offrire nessuna protezione da quei gattoni; mi girai e mi preparai ha fare fuoco assieme al P.H.
Avevamo solo una trentina di metri tra noi e la savana; ad un certo punto dalle erbacce sbucarono 3 leonesse, molto nervose.
Erano giovani e quindi con scarsa esperienza, ma comunque sempre molto temibili per un uomo, anche se armato.
Mi allontanai un poco dal P.H., per non averlo sulla mia linea di tiro; se c'erano solo quelle 3, potevamo considerarci in vantaggio su di loro; erano giovani ed inesperte.
Fu un ragionamento inutile, perchè dopo pochi minuti, sbucò dai cespugli la “matriarca”, “la vecchia”, quella che guidava il branco.
Ora eravamo veramente nei guai pensai........
Ho bisogno di esplorare e di sapere.... sempre.
