Cap. IV - “IL CANTO DELLE ALLODOLE – 1° parte”
Se c'è un paese che ho sempre bramato di visitare, per un sacco di motivi, è il Giappone.
Questo episodio che andrò a raccontare accadde nella terza volta che ci andai; nelle prime due volte la visita fu abbastanza breve, pochi giorni e il lavoro non mi lasciava molto tempo a disposizione.
La terza volta, dovevo fermarmi per una quarantina di giorni, e quindi decisi che era arrivato il momento di togliermi qualche sfizio; inoltre la “squadra” era ridotta, io e un francese simpaticissimo che nel corso degli anni diventerà poi uno dei miei compagni di merende più affezionato.
Come “ufficiale di collegamento” con la squadra locale mi diedero un “studentello” (una via di mezzo tra uno stagista e un impiegato), simpatico e soprattutto molto ubbidiente e sveglio (d'altronde era giapponese).
Spesso me lo immaginavo come nei film di guerra, vestito con la divisa coloniale kaky, berretto con visiera e telo coprinuca e con l'immancabile katana al fianco e Nambu nel fodero; cercava di metterci a nostro agio in tutti i modi possibili e immaginabili, sorriso sulle labbra e l'immancabile mezzo inchino di cortesia; un piccolo samurai.
Siccome quando vado in missione da qualche parte, sono solito prepararmi su usi e costumi dei posti dove andrò ha lavorare e sulle persone con cui dovrò relazionarmi, alcuni colleghi mi avevano suggerito di cogliere l'occasione e di provare a fare alcune “esperienze” (sono sicuro che avete già capito quali).
Ma sono anche sicuro che comunque riuscirò ha meravigliarvi.

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Dopo qualche giorno di “assestamento” per il lavoro, una sera, uscendo dalla nostra sede, chiesi al mio aiutante di campo se era in grado di organizzarci una “serata interessante”.
Il ragazzo non si meravigliò più di tanto e mi chiese ubbidiente che tipo di serata volevamo; intanto J (il francese) ascoltava interessato, mi aveva eletto suo “spirito guida” lasciandomi il comando delle operazioni.
Gli dissi che volevamo “visitare” una “Casa delle bambole”; mi guardò sobbalzando, poi mi rispose che così, su due piedi, era una cosa molto difficile da organizzare.
Poi aggiunse che non pensava che potessi essere interessato al “teatro tradizionale giapponese”.
Mi venne un dubbio, e cominciai ha chiarire cosa intendevo per &ldquo

olls House”; purtroppo la traduzione italiano-inglese-giapponese e ritorno ogni tanto generava degli equivoci (alcune volte spassosi).
Tirò un sospiro di sollievo e disse “No problem”, l'indomani avrebbe organizzato tutto lui.
Quella sera, io e F cenammo soddisfatti, anche se lui non aveva ancora capito cosa stavo progettando (sull'aereo mi aveva detto che era molto attirato dalle “jeune filles&rdquo

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Il giorno dopo, quando uscimmo dal lavoro era tutto pronto; un taxi ci venne a prelevare, portandoci nel giro di una mezz'ora alla periferia della città.
Quartiere molto bello, case tipiche giapponesi tutte in legno, e i soliti meravigliosi giardini; suonai il campanello al numero indicato, e dopo pochi secondi si materializzò sul porticato una specie di hostess, vestita con una gonna scura e camicietta bianca, molto elegante e carina.
Ci fece subito entrare in una saletta tutta arredata con mobili di bambù e ci disse cortesemente di attendere; F non aveva ancora capito cosa ci stavamo ha fare in quel posto, anche se pensava ad una certa cosa.

Io invece ero abbastanza preparato anche se il posto non era quello che mi era stato indicato prima del viaggio da un'amico.
Dopo alcuni minuti, la hostess ritornò, ci prese in consegna accompagnandoci (attraverso diverse sale e corridoi, anche se non sembrava la casa era immensa) in una piccola cameretta (era lo spogliatoio); dopo averci indicato dove erano gli indumenti da indossare e il solito inchino, se ne andò chiudendo la porta scorrevole dietro di sé.
Nella casa regnava il silenzio assoluto, nessun rumore, a parte il cinguettio degli uccelli che proveniva da fuori (da ex-cacciatore mi sembravano allodole).
Ci spogliammo e indossammo delle specie di casacche (tipo quelle delle kyudo) che arrivavano poco sopra il ginocchio.
Una cosa che mi colpì era che erano perfette per le nostre taglie; F era di taglia normale, ma io sono XXXL e quindi ne dedussi che la “casa” era molto organizzata (o erano stati avvertiti).
Dopo un paio di minuti che stavamo aspettando, sentimmo un leggero toc-toc alla porta; l'aprii e mi trovai davanti una perfetta geisha con l'abito tradizionale bianco.
Solito inchino poi, senza parlare, ci fece strada di nuovo tra sale/salette/corridoi, tutti arredati nello stesso modo con mobili in bambù o in legno che davano al tutto un senso di antica dimora.
Fece scorrere un'ultima porta, poi inchinandosi ci fece segno di accomodarci.
La stanza era molto grande, tutta rivestita in legno (credo che fosse tek o qualcosa di simile), con 3 porte-finestre (una per lato) che davano su un porticato e quindi il solito giardino tenuto perfettamente; al centro della stanza troneggiava una grossa vasca scura a forma di cuore che aveva i bordi contornati da fiori e piante tropicali messi in modo casuale (credo, anche se con i giardinieri giapponesi non è mai casuale).
Davanti alla vasca erano stesi due futon appoggiati sul relativo tatami, con accanto un'altro tatami più piccolo ; i due futon erano messi uno di fronte all'altro (probabilmente, conoscendo la pignoleria dei giapponesi, per fare in modo che le due persone si vedessero e/o per parlare più agevolmente.
Nella stanza c'erano cinque ragazze. Due più anziane (penso che avessero tra 25 e 30 anni), in piedi accanto ai due futon.
Le altre tre invece erano molto più giovani, sembravano quasi delle bambine erano accovacciate (in ginocchio, sedute sui talloni); davanti a loro avevano degli strumenti musicali (della tradizione giapponese, un specie di xlofono e delle chitarre o mandolini ).
Tutte le ragazze avevano abiti tradizionali tipo le geishe (ma non lo erano perchè non avevano il viso dipinto di bianco (segno distintivo delle geishe ) che è indice di “spersonalizzazione” dell'individuo al servizio di un uomo.
Anzi, notai che le 2 più anziane avevano un leggero velo di trucco.
Non tutti gli abiti erano uguali; quello delle tre ragazzine era “più semplice” e meno elaborato delle altre due, perchè mi spiegarono tempo dopo, erano di “rango inferiore”.
Tutte era molto, molto belle (almeno di viso, visto che per il resto erano completamente vestite.
Il mio collega era visibilmente a disagio; in aereo mentre volavamo in Giappone, mi aveva confessato di avere una fissa per le “ jeune filles”; ma un conto è parlarne, un conto è trovarsele davanti.

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Mi tolsi la casacca lasciandola cadere per terra, rimanendo vestito solo della mia pelliccia naturale (in quel momento mi vennero in mente i &ldquo

ancing Bears” di S.Francisco che una mia carissima amica milanese aveva frequentato e poi descritto accuratamente agli amici); mi sdraiai quindi sul futon a pancia in sotto.
Subito la ragazza prese la casacca che avevo lasciato cadere a terra, la piegò rimettendola in ordine appoggiandola a fianco del tatami (non c'era altro arredo nella stanza).
Visto quello che avevo fatto, anche il collega fece lo stesso numero, solo con un po' di disagio in più.

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Quando tutti e 2 fummo sistemati sul futon, le 2 ragazze si misero al lavoro; scrivendo queste righe non posso non fare un confronto con i classici CM (sopratutto quelli italiani) che conosciamo tutti e...... va bè, ci siamo capiti.
Mentre le 2 iniziavano un massaggio con utilizzo di creme e gel contenuti in alcune scodelle (seppi poi che erano alghe di varie specie che devono essere utilizzate in una certa sequenza per dare beneficio al corpo).
Intanto le 3 ragazzine avevano iniziato ha suonare una specie di nenia, che combinata con il massaggio leggero ma molto profondo, mi stava creando una specie di rilassamento, come se mi stessi svuotando lentamente di tutto quello che c'è nel nostro corpo.
Intanto era entrata anche la sesta ragazza, quella che ci aveva preso in carico nello spogliatoio, e aveva portato una serie di bacinelle piene d'acqua, su cui galleggiava una candela colorata accesa (serve ha creare il giusto grado di umidità di cui hanno bisogno le massaggiatrici per operare con profitto sul corpo).
Nulla era lasciato al caso, tutto si stava svolgendo come mi avevano raccontato secondo una tradizione millenaria e un preciso cerimoniale; fummo massaggiati dalla punta dei capelli alla punta dei piedi; quando la ragazza (erano rimaste tutte e 2 completamente vestite) passò alle parti “intime”, quasi non me ne accorsi.

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Anche se completamente rilassato, Bigfoot però continuava ha ragionare sul “dopo”; cosa si poteva fare quando sei steso nudo su un futon, con una tizia accanto (ribadisco VESTITA), che dopo averti massaggiato tutta la parte posteriore, aveva iniziato ad introdurre nel tuo corpo le sue lunghe dita ?

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Apro una parentesi: quando vi offrono un massaggio prostatico, se non sono giapponesi, lasciate perdere perchè vi fregherebbero solo dei soldi.

In tutta la mia vita, solo con questa ragazza e con la mia compagna (ma non conta perchè lei era un medico) ho provato delle sensazioni indescrivibili.
Dopo circa una quarantina di minuti di lento massaggio , la ragazza mi fece capire che era ora di girarsi (lo fanno capire loro cambiando posizione, perchè “operano” sempre restando dalla parte del cuore secondo un preciso cerimoniale).
Ogni tanto sbirciavo il mio collega di fronte a me; quando la “sua” ragazza passò al massaggio interno, vidi chiaramente nei suoi occhi il panico; mi confesserà poi che non aveva mai avuto un'esperienza del genere, e siccome era abituato ha “pilotare” lui direttamente, non sapeva come comportarsi.
Nel passare dalla parte posteriore a quella anteriore, in questi casi, sorge un problema per noi ometti: se ti ecciti si vede subito.
Iniziai quindi ha contare le pecorelle e ad applicare tutte quelle tecniche di rilassamento insegnatami nelle 3 settimane trascorse a Camp Lejeune all'inizio della mia attività lavorativa (prima o poi ne dovrò parlare).
Vi assicuro comunque che fu durissima, sopratutto quando la ragazza iniziò ha massaggiare Lui e relativi gioielli di famiglia; anche perchè era un “vero massaggio” e non un HJ.
La sofferenza (nel resistere) durò circa una ventina di minuti, che sembrarono lunghissimi; purtroppo il francese non resistette all'interrogatorio e capitolò quasi subito (lui non aveva fatto il mio stesso addestramento).

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Vidi però che la “sua” ragazza, con assoluta indifferenza, lo ripulì accuratamente, prima di riprendere da dove era stata interrotta.

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In quel momento Bigfoot si sentì pieno d'orgoglio, l'Italia aveva resistito meglio della Francia.
Ad un certo punto le 2 ragazze si alzarono in piedi quasi contemporaneamente; era il segnale per passare alla fase finale: il bagno nella vasca.
Ci rialzammo, e completamente nudi ci avviammo verso la vasca; per farlo bisognava però passare davanti alle 3 ragazzine suonatrici.
Sfilammo, in fila come 2 stripper al termine dello spettacolo; notai subito che tutte e tre abbassarono lo sguardo (nel frattempo avevano smesso di suonare).
Finalmente vedevo il mio collega con un po' di colore in viso (era sempre pallido); scendemmo nella vasca e ci appoggiammo al bordo con la schiena (dove le 2 massaggiatrici avevano messo degli asciugamani come appoggio per la testa).
Mentre le 2 ragazze anziane si erano di nuovo messe sul tatami nella classica posizione di attesa (sedute sui talloni) le tre ragazzine (chiaramente minorenni, ora le avevo guardate bene) avevano cambiato musica e questa volta oltre ha suonare, si erano messe ha cantare.
Ovviamente non capivamo un tubo di quello che cantavano, ma sicuramente era qualcosa che conbinato con il trattamento che ci era stato fatto e la temperatura dell'acqua creava un piacevole rilassamento.
Il cambio della musica aveva decretato anche l'inizio della procedura del tè (curata dalla prima ragazza che ci aveva accompagnato nella stanza).
E' una cerimonia lunghissima che vi risparmio (anche perchè dovrei scrivere altre 2-3 pagine)
Restammo nell'acqua una ventina di minuti; l'unica cosa che le due massaggiatrici avevano fatto nel frattempo era stato solo osservarci impassibili e sbattere le ciglia ogni tanto.
Il tè era pronto, e ci fu servito con il solito inchino nella vasca dalla prima ragazza nei tipici bicchierini di ceramica bianca (simbolo di purezza, perchè oramai eravamo “puliti&rdquo

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Dopo averlo sorseggiato (con calma per non sembrare scortese), decisi di levare le tende, quindi uscimmo dalla vasca; mi ricordo di un dubbio che mi assalì (ma tutta questa acqua che facciamo sgocciolare sul pavimento in legno non lo rovina ?) :
In realtà le 2 ragazze furono velocissime ad asciugarci amorevolmente, dandoci poi un'accappatoio e dei sandali di corda (tipo quelli dei samurai).
Ovviamente il tutto avveniva davanti alle 3 ragazzine sempre con gli occhi bassi sui loro strumenti (anche qui mi spiegarono tempo dopo che il loro “rango” non permette di alzare lo sguardo e di guardare l'Uomo.
“Meno male” pensò quel timidone di Bigfoot.
L'uscita fu come l'entrata; la prima geisha che ci aveva accompagnato alla stanza, ci riportò allo spogliatoio; qui ci rivestimmo e uscendo ritrovammo la hostess che ci aveva accolto; tirai fuori la cc, ma la hostess , sorridendo mi bloccò dicendomi che era già tutto a posto.
La rimisi nel portafoglio, ci salutammo con i soliti inchini e uscimmo dalla casa domandandoci chi aveva pagato per noi (ma già immaginavamo); fuori era oramai diventato buio, salimmo sul taxi che ci aspettava sul vialetto e tornammo in albergo.
Il nostro soggiorno nel paese del sol levante iniziava sotto i migliori auspici; avevamo scoperto un aspetto dell'antico Giappone : “La casa delle bambole”.

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Ho bisogno di esplorare e di sapere.... sempre.